- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Silvia
- Categoria: Racconti erotici masturbazione
- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Silvia
- Categoria: Racconti erotici masturbazione
La cabina 17 - Arezzo Trasgressiva
Silvia si sentiva come un pesce fuor d’acqua, lontana dalla frenesia di Milano, immersa nel calore lento e avvolgente di Imperia. La spiaggia libera era un mosaico di voci, di corpi distesi al sole e di risate che il vento portava via con sé. Per la prima volta nella sua vita, era in vacanza da sola: niente amici, niente compagni, solo lei, il mare e il tempo da riempire a suo piacimento.
Aveva scelto un angolo appartato, vicino a una fila di vecchie cabine di legno, ognuna segnata dal tempo. La numero 17 era la sua, un piccolo rifugio in penombra dove il frinire delle cicale si mescolava al lontano sciabordio delle onde. Dentro, il caldo era denso, quasi avvolgente, e Silvia si muoveva lenta, assaporando la libertà di quello spazio tutto per sé.
Non sapeva che, dietro una parete, una sottile fessura lasciava filtrare un raggio di luce e, forse, uno sguardo curioso. Una presenza silenziosa, invisibile, che non cercava di interrompere, ma solo di osservare.
Silvia si lasciò cadere sul piccolo lettino di legno, chiudendo gli occhi. Il respiro le si fece più lento e profondo, mentre la mente si allontanava dai pensieri e si perdeva in sensazioni semplici: il tepore sulla pelle, il profumo del mare, la carezza leggera di una brezza che riusciva a filtrare anche lì dentro.
Fu un momento sospeso, intimo, in cui la percezione di sé diventava più nitida. C’era una strana consapevolezza nell’aria, un filo invisibile che sembrava collegarla al mondo esterno, come se qualcuno potesse cogliere quella sua condizione di totale abbandono. Era un pensiero che non la spaventava, anzi, le dava un brivido di energia nuova.
Dall’altra parte, l’ipotetico osservatore rimaneva immobile, quasi trattenendo il fiato. Non c’era nulla di invadente nei suoi gesti, solo il silenzioso riconoscimento di trovarsi davanti a una scena che aveva qualcosa di rituale, di primordiale, come un frammento di verità non filtrata.
Quando il tempo tornò a scorrere, Silvia si alzò lentamente, avvolgendosi in un asciugamano. Si fermò un istante davanti allo specchio della cabina, osservando il riflesso del proprio corpo. Non cercava difetti, non cercava approvazione: vedeva solo una donna che aveva imparato a sentirsi bene dentro la propria pelle.
Si rivestì con calma, senza fretta, e uscì dalla cabina 17 con passo deciso, il sole che la avvolgeva di luce. Camminò verso la riva, attraversando la sabbia calda, e si immerse nell’acqua fresca fino alle spalle. Sentì la tensione scivolare via, come se quel momento le avesse regalato un senso di forza silenziosa.
Più tardi, seduta su una piccola duna a guardare il tramonto, Silvia sorrise tra sé. La giornata le aveva lasciato una sensazione inattesa: non solo relax, ma anche la certezza di aver toccato un frammento profondo di sé stessa. Un frammento che, forse, non avrebbe più dimenticato.
Il mare continuava a respirare lento, e lei con lui. Imperia era diventata il luogo di una promessa che non aveva bisogno di essere detta: vivere ogni istante senza riserve, accogliendo ciò che la vita offriva con lo stesso coraggio con cui si affronta un’onda improvvisa.
Il sole di Imperia, qualche giorno dopo, era ancora più implacabile. Silvia aveva trascorso la mattinata in acqua, lasciandosi cullare dalle onde, e poi si era rifugiata in un bar sul lungomare per un caffè freddo. Seduta al tavolino, osservava la spiaggia che iniziava a riempirsi: famiglie, ragazzi con i palloni, coppie distese sugli asciugamani.
Fu allora che lo vide.
Un uomo, seduto qualche tavolo più in là, stava leggendo un giornale. Indossava una camicia di lino bianca, i polsini arrotolati, e un cappello a tesa larga che gli ombreggiava il viso. Ma quando abbassò leggermente il giornale, i suoi occhi incontrarono i suoi.
Uno sguardo breve, appena un istante… eppure sufficiente a farle sentire un brivido familiare. Quella sensazione improvvisa, difficile da spiegare: come quando, entrando in una stanza, percepisci che c’è qualcuno che ti conosce più di quanto dovrebbe.
Lui le sorrise, un sorriso sottile, quasi un cenno di saluto. Poi tornò alla sua lettura, come se niente fosse.
Silvia restò seduta, il cuore che batteva appena più veloce. Non poteva esserne certa, ma un pensiero le si insinuò nella mente: Potrebbe essere stato lui… quello dietro la cabina.
Si alzò, pagò il conto e uscì dal bar, camminando lentamente lungo il lungomare. L’uomo era rimasto seduto, ma quando passò vicino a lui, percepì distintamente che i suoi occhi la seguivano.
Non disse nulla. Neppure lui.
Il giorno dopo, tornò alla spiaggia libera. La cabina 17 era lì, silenziosa e immobile come sempre, ma Silvia notò una cosa nuova: una piccola conchiglia, posata proprio sulla soglia. La raccolse, e sorrise tra sé. Forse era una coincidenza. O forse no.
Si sdraiò al sole, ma i suoi occhi continuavano a tornare verso la fila di cabine. In lontananza, scorse la figura di un uomo che si allontanava verso il molo.
Quella sera, seduta su una duna a guardare il tramonto, ripensò a quell’incontro. Non sapeva se desiderava scoprirne di più o se preferiva lasciare che il mistero restasse tale. Una cosa però era certa: Imperia non le stava regalando solo relax, ma anche una sensazione di gioco sottile con il destino, un filo invisibile che forse avrebbe continuato a tendersi.
E mentre il sole scompariva dietro l’orizzonte, Silvia decise che avrebbe lasciato aperta la porta a qualsiasi storia volesse entrare nella sua vita, che fosse fatta di parole dette… o di silenzi carichi di significato.
Il penultimo giorno della sua vacanza, Silvia decise di allontanarsi dalla spiaggia. Aveva voglia di passeggiare nel centro storico di Imperia, tra vicoli stretti e piazzette improvvise che si aprivano come scenografie teatrali.
Si fermò davanti a una piccola libreria d’antiquariato, attratta da una vetrina polverosa piena di volumi consumati dal tempo. Entrò, accolta dall’odore familiare della carta antica e dal fruscio discreto delle pagine.
Stava sfogliando un libro illustrato sulle coste liguri, quando sentì una voce alle sue spalle:
— È un’edizione rara… difficile trovarla in queste condizioni.
Si voltò. Era lui. L’uomo della spiaggia. La camicia di lino era stata sostituita da una giacca leggera, ma il sorriso e lo sguardo erano gli stessi, calmi e diretti.
Silvia lo fissò per un attimo, come se stesse decidendo se affrontare o meno una domanda che si portava dentro da giorni.
— Ci siamo già visti, vero? — chiese, con tono neutro.
Lui piegò leggermente la testa.
— Credo di sì. Sulla spiaggia. Ma non ci siamo parlati.
Per un istante, restarono in silenzio. Solo il rumore ovattato del traffico lontano e il profumo di salsedine che, chissà come, riusciva ad arrivare fin lì.
Silvia fece un passo verso di lui, stringendo il libro tra le mani.
— Quel giorno, vicino alla cabina 17… eri tu?
Lui non rispose subito. Poi, con un mezzo sorriso, disse:
— Forse. O forse non importa. Alcune cose vivono meglio quando restano sospese.
Non c’era ironia nella sua voce, solo una calma consapevolezza. Silvia capì che non avrebbe avuto una conferma, e forse non la voleva davvero. Il mistero era parte di quella storia, e svelarlo avrebbe tolto qualcosa alla magia.
Chiusero la conversazione con poche frasi di circostanza, poi lui si avvicinò all’uscita. Prima di varcare la porta, si voltò e disse:
— Se un giorno tornerai a Imperia… forse mi troverai ancora lì.
E se ne andò.
Silvia rimase per qualche istante immobile, il libro ancora in mano, un sorriso lieve sulle labbra. Uscì dalla libreria, e l’aria fresca del pomeriggio la accolse. La città continuava a scorrere attorno a lei, ma dentro, sapeva di aver vissuto qualcosa di raro: un incontro che non aveva bisogno di essere spiegato, né consumato, per rimanere intenso.
Quella sera, tornando verso il mare, passò davanti alla cabina 17. Posò la conchiglia che aveva trovato giorni prima sulla soglia e si allontanò, senza voltarsi.
Il sole stava calando, e il cielo si tingeva di un arancio profondo. Silvia sorrise tra sé, certa che alcuni segreti vale la pena portarli con sé, come amuleti silenziosi.
E, in quel momento, sentì che Imperia non sarebbe mai stata soltanto un ricordo di vacanza, ma un luogo dove una parte di lei avrebbe sempre voluto tornare.
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