L'invito a cena - Arezzo Trasgressiva

L’attico di Matteo si stagliava come una lanterna di vetro e acciaio contro il cielo notturno di Vercelli. Per il quarantaquattrenne avvocato, quell’oasi di lusso e silenzio era diventata un rifugio dopo la morte della moglie, un guscio elegante che nascondeva giornate identiche, coperte da una patina di solitudine. Quella sera, però, aveva deciso di rompere il rituale del vuoto. Aveva invitato Sofia, una escort trans di cui aveva sentito parlare come di una creatura capace di stregare con la sola voce.

Quando la porta si aprì, la vide: alta, elegante, vestita di nero come una diva di un film in bianco e nero, ma con lo sguardo caldo di chi sa esattamente che effetto provoca. I tacchi scandivano un ritmo ipnotico sul parquet, le labbra dipinte di rosso si mossero per salutare.
«Buonasera, Matteo. È un piacere essere qui.»

La cena, preparata da uno chef privato, era un piccolo rituale di seduzione: piatti curati, vino rosso corposo, conversazioni che scivolavano facili. Matteo si scoprì a sorridere, a lasciarsi andare, dimenticando per un attimo il peso che portava dentro. Con Sofia non servivano difese: lei colmava il silenzio con la naturalezza di chi sa leggere le persone.

Dopo il dessert, si alzò. Con un gesto lento, passò le dita sulla tovaglia come se fosse pelle, lo guardò e disse: «Ora passiamo al vero banchetto.» Il brivido che corse lungo la schiena di Matteo fu immediato.

In camera da letto, fu Sofia a dettare il ritmo. Le sue mani, forti e morbide, iniziarono a spogliarlo con lentezza voluta, rivelando centimetro dopo centimetro il corpo di lui. Matteo si lasciava fare, ogni bottone slacciato una scintilla in più. Quando rimase nudo, lei lo guidò verso il letto e si inginocchiò tra le sue gambe.

Le labbra di Sofia iniziarono un viaggio lento, dai fianchi fino al basso ventre. Ogni bacio era umido, deciso, una carezza e un morso insieme. Quando lo prese in bocca, Matteo ansimò. La bocca calda lo avvolse, la lingua lo percorse in su e in giù con movimenti esperti, mentre la mano stringeva alla base per aumentare la pressione. Il suono bagnato e i gemiti sommessi riempivano la stanza.

«Sei incredibile, Sofia…» sospirò, ma lei non rispose: accelerò il ritmo, alternando profondità e giochi con la punta della lingua, finché lo lasciò sul punto di esplodere.

Si spogliò lentamente, lasciando cadere l’abito e rivelando la propria femminilità velata da un desiderio maschile che Matteo trovò irresistibile. Lo guardò con un sorriso provocatorio mentre lui la fece sdraiare, le mani che esploravano ogni curva. Scese con la bocca, assaggiandola, la lingua che si insinuava tra le sue labbra, provocando a Sofia un gemito basso e profondo.

Quando si posizionò tra le sue gambe e la penetrò, Matteo lo fece lentamente, godendosi ogni centimetro. La sentiva stringersi intorno a lui, calda e accogliente. Il ritmo aumentò, i colpi si fecero più forti, i corpi che si muovevano in sincronia.
«Fottimi, Matteo…» sussurrò lei, e lui obbedì, tenendola per i fianchi e affondando con forza, mentre gli occhi restavano inchiodati nei suoi.

L’orgasmo arrivò insieme, potente e viscerale. Matteo urlò il suo nome mentre si lasciava andare, Sofia gemeva, il corpo contratto intorno al suo, fino a crollare esausti sul letto.

Restarono abbracciati, sudati, respirando lentamente. Per Matteo, non era stato solo sesso: c’era stata un’intimità che non provava da anni.
«Grazie per avermi lasciato entrare,» disse lei, accarezzandogli il viso.
«Grazie a te… per avermi ricordato che posso ancora sentirmi vivo.»

All’alba, la luce dorata filtrava dalle tende, accarezzando le loro sagome. Matteo sapeva che quella notte non sarebbe stata un episodio isolato nella sua memoria, ma l’inizio di qualcosa. Aveva perso tanto, ma in quelle ore con Sofia aveva ritrovato un desiderio che credeva morto.

Matteo non aveva smesso di pensare a Sofia dal momento in cui aveva chiuso la porta dietro di lei. Nei giorni seguenti, ogni dettaglio del suo corpo, ogni suono della sua voce gli tornava alla mente come una marea insistente. Così, quando lei gli mandò un semplice messaggio “Stasera, stessa ora. Voglio te.”, non esitò un istante.

L’attico di Vercelli lo accolse con il solito silenzio elegante, ma quella sera c’era una tensione diversa nell’aria. Alle 21 in punto, Sofia entrò, questa volta in un abito rosso che avvolgeva il corpo come una seconda pelle, spaccatura alta sulla coscia e scollatura profonda. Matteo non ebbe nemmeno il tempo di salutarla: lei lo afferrò per la cravatta e lo trascinò verso il divano.

«Stasera faccio io le regole,» disse con tono deciso, e lui annuì, già sentendo il sangue affluire nelle vene e più in basso.

Sofia lo fece sedere, salì sopra di lui a cavalcioni e lo baciò con violenza, mentre le mani gli sbottonavano la camicia e scivolavano sul petto. Poi si inginocchiò tra le sue gambe, gli abbassò la zip e liberò il suo membro già duro, avvolgendolo con la bocca calda in un movimento profondo e costante. Lo succhiava forte, con la mano che massaggiava la base e l’altra che gli stringeva la coscia, alternando spinte lente e affondi rapidi fino a fargli emettere gemiti bassi e irregolari.

Ma prima che potesse venire, si fermò. «Non ancora…» disse con un sorriso crudele, e lo spinse all’indietro, facendolo sdraiare. Si spogliò lentamente, lasciando cadere l’abito e rivelando il corpo atletico, i seni sodi, il segreto maschile che si tendeva pulsante.

«Ora ti voglio sotto di me.» Si posizionò sopra di lui, ma invertì la posizione: il suo sesso a portata della bocca di Matteo, mentre lei tornava a inghiottire il suo. La sensazione del 69 fu devastante: la lingua di Matteo la penetrava e le succhiava la pelle sensibile, mentre la bocca di lei lo spremeva con una precisione chirurgica.

Quando sentì che entrambi stavano per cedere, Sofia si staccò, si mise a cavalcioni e lo guidò dentro di sé in un colpo unico, affondando fino in fondo. Il ritmo fu subito frenetico, le mani di Matteo che le stringevano i fianchi mentre lei si muoveva come una tempesta, sollevandosi e abbassandosi con colpi rapidi che facevano schioccare la carne contro la carne.

«Più forte…» ordinò lui, e lei obbedì, cambiando angolazione, facendolo affondare ancora più in profondità, finché entrambi gemettero all’unisono. Matteo venne con un grido soffocato, riempiendola, e sentì il corpo di Sofia contrarsi in un orgasmo potente che le fece inarcare la schiena e gettare la testa all’indietro.

Rimasero avvinghiati, sudati e ansimanti, fino a crollare uno accanto all’altra. Sofia sorrise, accarezzandogli il viso. «Questa volta, Matteo, sei stato mio. Ma la prossima…» lasciò la frase in sospeso, gli occhi che brillavano di promessa.

E Matteo capì che quella storia non era destinata a finire presto.

Matteo arrivò al Grand Hotel Sitea di Torino con lo stesso nodo allo stomaco che si prova prima di un processo importante: eccitazione, ansia, e la certezza che qualcosa di irreversibile stava per accadere.
Sofia lo aspettava nella suite all’ultimo piano, indossando un corsetto nero di pelle che stringeva la vita e lasciava i seni liberi, guanti lunghi fino ai gomiti e un sorriso che era puro veleno erotico.

«Oggi ti voglio completamente nelle mie mani» disse, porgendogli un bicchiere di whisky. Matteo bevve un sorso, ma lei non gli lasciò il tempo di posarlo: lo spinse sulla poltrona, gli tolse la giacca e gli slacciò la camicia con un gesto deciso. Poi si inginocchiò, liberando il suo cazzo già duro e iniziando a succhiarlo lentamente, con labbra che stringevano e lingua che accarezzava ogni vena, fino a farlo gemere.

Ma quando Matteo stava per venire, Sofia si fermò e si alzò, guardandolo dall’alto. «In ginocchio.»
Lui obbedì. Lei si avvicinò, guidandogli la testa tra le cosce, e Matteo iniziò a leccarla senza esitazioni, la lingua che affondava, le mani che le stringevano i fianchi. Sentiva il calore crescere, il gusto salato e dolce insieme, finché il corpo di Sofia non tremò nel primo orgasmo.

«Ora ti voglio dentro» disse lei, facendolo sdraiare sul tappeto. Gli salì sopra e lo prese con violenza, affondando fino in fondo. Il ritmo fu brutale fin dall’inizio, il suono della carne che schioccava e i gemiti che rimbombavano nella stanza. Matteo le strinse i seni, la baciò sul collo, e lei aumentò la velocità fino a che entrambi vennero quasi insieme, un collasso di piacere e sudore.


Qualche settimana dopo, Sofia tornò a Vercelli. Ma questa volta non portò lingerie raffinata: entrò nell’attico in un cappotto lungo, sotto il quale non indossava nulla. Matteo, appena aprì la porta, vide quel corpo nudo e già pronto per lui. Non ci fu nemmeno un saluto: lei lo spinse contro il muro e lo baciò con una fame feroce, mentre con la mano gli liberava il cazzo e lo masturbava con forza.

Lo trascinò in camera e lo fece sedere sulla sedia, poi si inginocchiò e iniziò a succhiarlo senza pietà, profondamente, fino a farlo sentire strozzato dal piacere. La saliva colava sulle sue cosce, il rumore umido riempiva l’aria. Quando lui stava per venire, Sofia si fermò di nuovo e lo spinse sul letto.

Questa volta, fu Matteo a prendere il comando: la mise a quattro zampe e la penetrò in un colpo solo, affondando con forza. Il ritmo fu subito feroce, le mani che le afferravano i fianchi e la tiravano indietro, il cazzo che scivolava sempre più in profondità, mentre Sofia gemeva forte, spingendo contro di lui. «Più forte… fammi sentire che mi vuoi tutto dentro!» urlò, e Matteo aumentò ancora, finché entrambi non crollarono, venendo insieme con un grido strozzato.

Restarono stesi, esausti e appiccicati di sudore. Sofia lo guardò, il petto ancora che ansimava. «Penso che con te ho fatto tutto… eppure so che la prossima volta mi sorprenderai ancora.»
Matteo sorrise, sapeva che aveva ragione: quella non era una fine, ma l’inizio di un vizio che nessuno dei due avrebbe voluto curare.


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