Il corpo che non ti aspetti - Arezzo Trasgressiva

Sotto la pelle di Teramo

Fabio, 34 anni, corpo scolpito dal lavoro e sguardo che tagliava come coltello affilato, era conosciuto da tutti in città. Dietro al bancone della sua macelleria, tra sangue e carne cruda, osservava il mondo come chi conosce le sue regole ma sogna di infrangerle. Ma quando passava Luana, ogni certezza sembrava sciogliersi nella voglia.

Trentacinque anni, curve generose e passo da predatrice. Ogni mattina si muoveva davanti alla vetrina con l'eleganza feroce di chi sa di essere guardata. E Fabio la guardava. La seguiva con gli occhi. La desiderava col corpo.

Non sapeva nulla di lei. Solo che ogni movimento sembrava chiedergli di morderla.

Un giorno, complice il caldo e l’irrequietezza sotto il grembiule, Fabio la seguì. La vide scomparire tra i vicoli del centro storico, poi salire lenta in un palazzo dalle persiane chiuse. Era il genere di posto dove si entrava per perdersi, non per trovare qualcosa.

La porta si aprì prima che potesse bussare.

«Fabio…» disse Luana, vestita solo di un negligé nero trasparente che lasciava i capezzoli visibili, «finalmente hai deciso di seguire il tuo istinto.»

Lui non disse una parola. Ma il suo cazzo parlava chiaro sotto i jeans.

Luana lo fece entrare e lo chiuse a chiave. La stanza odorava di incenso, cera e sesso non ancora fatto. Le luci basse accarezzavano i mobili antichi, ma Fabio vedeva solo lei.

«Hai idea da quanto ti desidero?» mormorò, avvicinandosi. Le dita di Luana gli sfiorarono la cintura, mentre le sue labbra gli accarezzavano l’orecchio.

«Ho visto come mi guardavi… volevi scoprirmi, tagliarmi a pezzi come fai con la carne, vero? Ma ora tocca a me decidere come usarti.»

Gli slacciò i pantaloni con lentezza maliziosa. Il cazzo di Fabio, teso, duro, bollente, uscì a reclamare il suo spazio.
Luana si inginocchiò.

«Fammi sentire il tuo sapore.»

Lo prese in bocca con una fame carnale, senza pietà. Le labbra morbide lo avvolgevano, la lingua girava lenta attorno alla cappella, succhiava con una potenza disarmante. Fabio gemette forte, stringendo i capelli di lei, incapace di controllarsi.

«Fermati… o vengo subito.»

Lei si alzò con un sorriso sporco sulle labbra. «Non ancora. Prima… voglio farmi mangiare.»

Si spogliò completamente e si stese sul divano, le gambe aperte come un invito scritto in sangue. Fabio si chinò su di lei e cominciò a leccarla con foga, affondando la lingua nella sua figa calda e bagnata.

La sua lingua era precisa, affamata, crudele. Succhiava il clitoride con forza, poi si fermava, la guardava, e tornava ad assaggiarla con la lentezza di un torturatore.

«Oh cazzo… sì, sì… continua… mangiami tutta…» gemeva Luana, le mani nei capelli di lui, il corpo che si contorceva.

Fabio si alzò, la prese per i fianchi, la girò e la penetrò da dietro con un colpo secco, affondando tutto dentro di lei.
Il suo cazzo scivolava con facilità, bagnato, accolto da quella figa bollente.

«Dio quanto sei stretta, Luana…» sibilò, mentre le mani le stringevano i fianchi e le spinte diventavano più feroci.

Luana urlava. Si mordeva la mano per non farsi sentire. Ma il suono del loro sesso era ovunque: carne contro carne, pelle sudata, gemiti soffocati.

«Scopami più forte… fammi male se vuoi… ma non fermarti.»

Fabio aumentò il ritmo. Le sberle sul culo facevano risuonare la stanza. Luana si apriva sempre di più, si spingeva indietro per prenderlo più a fondo, come se volesse rompersi sotto di lui.

Quando venne, fu un’esplosione. Il suo corpo tremava, si piegava sotto le ondate di piacere, le cosce bagnate, la pelle rovente. Ma Fabio non si fermò. Ancora due, tre colpi, poi il suo cazzo pulsò ed esplose dentro di lei, riempiendola con un grido gutturale.

Rimasero lì, immobili, i corpi incollati, il fiato corto e le menti svuotate.

Più tardi, mentre lei gli accarezzava il petto, Fabio disse:

«Ho passato anni a tagliare carne… ma con te, per la prima volta, mi sento vivo sotto pelle.»

Luana gli baciò le labbra. «E questo è solo l’inizio. Ho ancora tanto da insegnarti, macellaio.»

Quando Fabio tornò in strada, il cielo sopra Teramo era blu scuro, punteggiato di stelle.
Le mani ancora tremavano.
La camicia odorava di sesso e incenso.

E il fuoco negli occhi…
quello, ormai, non se ne sarebbe più andato.

Passarono solo tre giorni, ma a Fabio sembrava un’eternità. Ogni volta che affondava il coltello nella carne, sentiva il corpo di Luana sotto le mani. Il profumo, i gemiti, la lingua… tutto gli bruciava addosso.

Poi, un messaggio.
Breve. Tagliente.

“Stasera. 22:30. Porta solo la fame.”

Lo stesso palazzo. Lo stesso corridoio stretto. Ma questa volta la porta non era socchiusa. Era spalancata. Un invito. O una trappola.

Fabio entrò.
Luci più basse.
Musica più lenta.
E una presenza diversa nell’aria.

Luana lo attendeva in piedi, vestita con un body di pizzo nero, trasparente come la sua intenzione. Tacchi alti, rossetto scuro, uno sguardo che comandava.

«Stasera giochiamo con le regole mie,» disse, camminando verso di lui. Lo baciò piano, poi gli sfilò la maglietta, aprendogli i jeans con una lentezza studiata.

«Mettiti in ginocchio. Leccami le scarpe.»

Fabio obbedì, eccitato e confuso. Il cazzo già duro, la testa che bruciava.

Luana si girò e scomparve dietro un paravento. Quando tornò, teneva una maschera nera e un collare.

«Stasera non sarai solo.»

Prima che Fabio potesse dire qualcosa, una figura maschile entrò nella stanza. Alto, elegante, completamente nudo. Il viso coperto da una maschera dorata. Gli occhi puntati su Fabio.

«Lui guarda. Tu servi.»

Luana lo fece stendere sul divano, lo legò con una maestria inquietante, poi si chinò a succhiarglielo. Ma questa volta era diverso. Più crudo. Più dominato.
Le labbra di Luana erano decise, la lingua affamata. Ogni volta che Fabio gemeva, lei lo colpiva con una carezza che era quasi uno schiaffo.

Il misterioso uomo li osservava.
In silenzio.
Eccitato.

Poi Luana si sedette sul viso di Fabio, costringendolo a leccarla finché le gambe non le tremavano.
«Più forte. Fammi urlare davanti a lui.»

Fabio l’assaggiava con tutta la sua fame. Le dita si allungavano sotto di lei, penetrandola, mentre la lingua affondava e la faceva urlare.

Poi lo liberò, ma lo fece inginocchiare.

«Ora vienimi dentro. Ma solo quando io dico. Hai capito, macellaio?»

Fabio la prese da dietro, con il cazzo duro che la penetrava con foga. La pelle sbatteva contro la pelle, i gemiti esplodevano. E il voyeur mascherato li osservava, toccandosi lentamente.

Luana si piegava sotto i colpi di Fabio, ma era lei a comandare.
«Non venire… resisti… resisti per me…»

E quando finalmente lo concesse, Fabio si svuotò dentro di lei con un urlo animalesco, mentre il misterioso spettatore veniva contro il muro, il corpo scosso da brividi silenziosi.

Tutto si fermò.
Solo respiri.
Sudore.
Silenzio.

Luana si alzò, si avvicinò all’uomo con la maschera e lo baciò. A lungo.

Fabio li guardava, ancora ansimante.
Il sangue gli defluì lentamente dal cazzo… ma una gelata lo prese in petto.

«Cosa cazzo succede?» mormorò.

Luana si voltò.

«Ti avevo detto che oggi giocavamo con le mie regole. Fabio, ti presento mio marito.»

Fabio restò in silenzio, il cuore a mille. Il marito mascherato gli tese la mano.

«Complimenti, sei stato... delizioso da guardare.»

Luana si avvicinò a Fabio e gli sussurrò all’orecchio:
«Tu pensavi di dominarmi con lo sguardo dalla tua macelleria. Ma sei sempre stato mio, dall’inizio. Ora… sei nostro. Se lo vuoi.»

Fabio si rivestì lentamente.
Non disse nulla.
Non era paura.
Era… qualcosa di più profondo. Più sporco. Più vero.

Sulla soglia, si voltò.

«Lo voglio.»

E sparì nella notte, il cuore pieno di sangue caldo, il corpo ancora segnato, la mente aperta come una ferita che non si vuole chiudere.



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