L'albergatore segreto - Arezzo Trasgressiva

Il Venerdì dei Desideri

Marta, 42 anni, aveva imparato a mascherare i suoi turbamenti con la grazia di un sorriso impeccabile. Nel piccolo ma curato Bed & Breakfast che dirigeva nel cuore di Cuneo, ogni dettaglio parlava della sua eleganza. I quadri alle pareti, la musica jazz in sottofondo, persino il profumo di lavanda nei corridoi: tutto era scelto con cura, come a voler coprire il vuoto che la abitava da troppo tempo.

La sua vita matrimoniale, un tempo ardente, era ormai ridotta a una coreografia ben rodata di doveri e silenzi. Ma il venerdì… il venerdì era un’altra storia. Era il giorno in cui lui arrivava.

Simone aveva 29 anni, un corpo scolpito e uno sguardo che sembrava sapere troppo. Era uno di quegli uomini che la vita aveva temprato in fretta, e le sue mani sapevano raccontare carezze e tempeste. Quando varcava la soglia della reception, il mondo attorno a Marta rallentava. Non era solo desiderio, non era solo carne. C’era qualcosa di proibito e profondo che li univa. Un’intesa che nessuna regola poteva spiegare.

Quel venerdì, il cielo si tingeva di rosso mentre Marta finiva di sistemare le chiavi delle stanze. Simone era già lì, in piedi accanto al banco, le mani infilate nelle tasche del giubbotto. Aveva un’aria rilassata, ma i suoi occhi bruciavano di un fuoco impaziente.

«Buonasera, Signora Marta», sussurrò con un sorriso, e la sua voce sembrava avvolgerla come un abbraccio invisibile.

Marta alzò lo sguardo e lo fissò, come se volesse leggere tra le sue pieghe dell’anima. Non rispose subito. Prese un respiro profondo, poi fece il giro del bancone e lo sfiorò con la punta delle dita.

«Hai già la tua stanza, vero?»

Simone annuì. Poi, con una lentezza studiata, si inginocchiò davanti a lei. Senza dire una parola, le slacciò una scarpa. Marta trattenne il fiato. Ogni gesto era carico di una tensione elettrica. Quando le sfiorò il piede nudo con le labbra, un brivido le percorse la spina dorsale.

Il telefono squillava, la porta d’ingresso si apriva e si chiudeva per altri ospiti, ma in quel momento esistevano solo loro due. Marta, divisa tra il ruolo di padrona di casa e il desiderio che la divorava. Simone, devoto e famelico, che trovava piacere nell’adorazione silenziosa.

Più tardi, nel silenzio complice della camera 3, Marta si distese sul letto ancora rifatto. Indossava solo una vestaglia di seta nera. Simone entrò senza bussare, la guardò, poi si avvicinò e si chinò su di lei.

«Sai che non riesco più a pensare ad altro?»

Marta lo guardò, accarezzandogli la mascella con la punta delle dita.

«Anche tu sei diventato il mio pensiero ricorrente», rispose con un filo di voce.

Quella notte, i loro corpi si cercarono con lentezza, come se ogni gesto dovesse essere ricordato. Non fu sesso. Fu un incontro di pelle e bisogno, di sospiri sussurrati tra le lenzuola, di desiderio tenuto a freno e poi lasciato esplodere.

E quando Marta si addormentò tra le braccia di Simone, seppe che qualcosa stava cambiando. Quello non era più solo un gioco.


Oltre il Confine del Piacere

Il venerdì successivo, Marta era diversa. Aveva passato la settimana a ripensare a ogni singolo istante con Simone. Ogni parola, ogni tocco, ogni sguardo. Qualcosa dentro di lei si era risvegliato, e ora chiedeva di più. Non solo piacere. Verità.

Simone arrivò in ritardo, quel giorno. Marta era agitata, ma cercò di nasconderlo dietro il solito sorriso professionale. Quando lo vide entrare, sentì il cuore accelerare. Ma i suoi occhi non brillavano come al solito. Sembrava pensieroso.

«Tutto bene?» chiese lei, quando furono soli.

Simone abbassò lo sguardo. «Devo dirtelo, Marta. Sto pensando di lasciare tutto. Cambiare città, lavoro… vita.»

Il cuore di Marta fece un tonfo. «Perché?»

«Perché con te ho capito che posso volere qualcosa di vero. Ma so che tu hai la tua vita. E io… non voglio rovinarla.»

Marta lo guardò in silenzio. Poi si avvicinò. «Sei già parte della mia vita, Simone. E se te ne vai, sarà quella a rovinarsi.»

Lo baciò. Non con desiderio, ma con bisogno. Quello fu il preludio di una notte diversa. Non ci fu urgenza. Ci fu abbandono.

Nella camera 5, Marta si spogliò lentamente, lasciando cadere ogni strato di sé. Simone la guardava come si guarda un miracolo. Quando la fece sdraiare sul letto, si inginocchiò tra le sue gambe e la adorò con la lingua come fosse un tempio. Marta gemeva, stringeva le lenzuola, perdeva il controllo.

Quando lui la penetrò, Marta lo accolse con le gambe avvinghiate attorno ai suoi fianchi, la schiena inarcata e il respiro spezzato. Le spinte erano lente ma profonde, un dialogo di corpi che si erano finalmente riconosciuti.

Ma fu al mattino che accadde l’imprevedibile.

Mentre Marta sistemava la colazione per gli ospiti, il marito entrò nella sala, in anticipo rispetto al solito. Aveva il viso teso. In mano teneva qualcosa. Una lettera. La porse a Marta, senza parlare.

Lei la aprì tremando.

“Signora Marta,
non posso più essere solo un amante.
O ci scegliamo davvero, o ci perdiamo per sempre.

Con amore,
Simone.”

Marta sollevò lo sguardo. Il marito fissava la lettera come se ne conoscesse già il contenuto.

«È questo quello che vuoi?» chiese con voce grave.

Marta deglutì. Si voltò verso la porta. Simone era lì, valigia in mano. I suoi occhi erano pieni di una speranza fragile.

Ci fu un lungo silenzio.

Poi Marta si tolse il grembiule, posò le chiavi della reception sul banco e raggiunse Simone. «Sì,» disse. «È questo quello che voglio.»

Due Passi Altrove


Un anno dopo, in un piccolo villaggio sulla costa ligure, Marta e Simone gestivano insieme una guesthouse raffinata, lontana da tutto. Lei rideva più spesso, lui non portava più pesi addosso.

Ogni venerdì sera, come un rito privato, chiudevano il cancello prima del tramonto. Si vestivano con eleganza, apparecchiavano una cena per due e si concedevano al piacere come se fosse la prima volta.

Ma una sera d’estate, Simone prese la mano di Marta e le disse: «C’è una cosa che non ti ho mai detto… io non ero un cliente qualsiasi. Tuo marito mi ha pagato per venire a cercarti. Per farti sentire di nuovo viva.»

Marta lo fissò, scioccata. Ma prima che la rabbia potesse salire, lui aggiunse:

«Solo che io… mi sono innamorato. Perdutamente.»

Lei lo guardò in silenzio, poi scoppiò a ridere. «Allora è stato tutto vero, dopotutto.»

Si alzò in piedi, salì su di lui a cavalcioni e sussurrò: «Raccontami di nuovo com’è iniziato, Simone… mentre mi fai tua.»

E nella penombra della stanza, tra gemiti, sospiri e carezze infinite, Marta capì che certe verità fanno più bene delle bugie.



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