Il traghetto delle bugie - Arezzo Trasgressiva

Cristina si aggrappava con una mano al corrimano del traghetto, mentre con l’altra stringeva la borsa a tracolla con una fermezza che tradiva la tensione crescente dentro di lei. Il sole pomeridiano tingeva di arancio il mare, e le Cinque Terre si stagliavano all’orizzonte come macchie di colore su una tela azzurra. Avrebbe dovuto sentirsi rilassata, eppure il suo cuore batteva forte, per un’agitazione che non aveva nulla a che fare con la bellezza del paesaggio.

Elia la notò subito. Quegli occhi profondi sembravano andare oltre la superficie, come se leggessero pensieri e desideri nascosti. Si sedette accanto a lei con nonchalance, ma lo sguardo era troppo carico di intenzione per essere un incontro casuale. Cristina avvertì un brivido scorrere lungo la schiena. C’era qualcosa in quell’uomo: nei modi calmi, nella voce bassa, nella sicurezza silenziosa. Qualcosa che la turbava e la eccitava allo stesso tempo.

«Bella giornata, vero?» disse Elia, la voce un basso sussurro che vibrava sotto il rumore delle onde.

Cristina annuì, cercando di non mostrare il battito accelerato del cuore. «Sì, molto.»

Elia sorrise, e quel sorriso bastò a farle mancare il fiato. «A volte il mare è il complice perfetto per chi cerca qualcosa di… diverso.»

Le sue parole si insinuarono tra le gambe di Cristina come un tocco invisibile, caldo, deciso. Il dondolio del traghetto sembrava fondersi con il battito del suo cuore, in un ritmo che diventava desiderio.

Si voltò verso di lui, e quando i loro sguardi si incrociarono, capì che sarebbe successo. Lo voleva. Lo desiderava con una fame improvvisa e totalizzante. Si alzò, quasi guidata da una forza esterna, e si diresse verso il ponte inferiore. Il battito del cuore le martellava nel petto, e sentiva lo sguardo di Elia seguirla, bruciante.

Trovò uno spazio appartato tra giacche appese e paratie di metallo. Un angolo nascosto, abbastanza silenzioso da lasciar parlare solo il corpo. Lui la raggiunse. E quando le fu vicino, Cristina avvertì il calore del suo respiro sul collo.

Si voltò di scatto. Le loro bocche si cercarono come se si conoscessero da sempre. Un bacio famelico, disperato, in cui le lingue si intrecciavano e le mani cominciavano a esplorare senza più filtri. Elia la spinse delicatamente contro la parete: il metallo freddo la fece rabbrividire, ma era solo il preludio.

La baciava lungo il collo, mordicchiando la pelle con lentezza, mentre le sue mani salivano sotto la gonna, trovando le sue mutandine già bagnate. Le sfilò con una sola mano, facendole scivolare lungo una gamba.

«Cristina… sei così bagnata che potrei affogare dentro di te,» sussurrò, e la sua voce le fece vibrare il ventre. Le dita si posarono sul suo clitoride, iniziando a sfregarlo con movimenti lenti e circolari. Cristina chiuse gli occhi, mordendosi le labbra per non gemere ad alta voce.

«Voglio sentirti gridare,» le disse. E lei non si oppose.

Elia si inginocchiò, infilando la testa sotto la sua gonna, e la lingua trovò subito la strada. Cristina si aggrappò ai suoi capelli, guidandolo, implorando, tremando sotto le sue carezze orali. Il piacere cresceva come un’onda furiosa. Gli occhi si chiusero. Il mondo sparì.

«Fottimi,» gemette. E lui si alzò, pronto. La prese tra le braccia e la sollevò, schiena contro la parete metallica, gonna sollevata, mutandine appese a una caviglia.

Il suo cazzo era duro, caldo, pulsante. Cristina lo sentì spingere contro la sua apertura e poi penetrarla con un colpo lento, profondo, totale. Avvolse le gambe attorno ai suoi fianchi e si lasciò scopare con la furia e la dolcezza di chi ha atteso troppo.

Il traghetto ondeggiava sotto di loro, e ogni spinta sembrava accompagnata dal mare stesso.

«Sei così stretta…» sibilò Elia, affondando con colpi decisi. «Ti sento stringermi, Cristo…»

Cristina ansimava, bagnata, col respiro spezzato, mentre il suo orgasmo cresceva come un incendio. Ogni colpo era una scintilla in più.

«Non fermarti… non ti fermare!» lo implorò, e lui aumentò il ritmo, scopandola più forte, più a fondo, fino a quando il piacere esplose in entrambi. Cristina si venne tutta, un gemito soffocato che le sfuggì dalle labbra. Elia l’accompagnò, svuotandosi dentro di lei con un colpo finale che lo fece tremare.

Restarono così, abbracciati, il respiro affannoso che si mescolava al rumore del mare e al rumore lontano del motore. Cristina si sentiva svuotata e viva allo stesso tempo. Vulnerabile, sì. Ma anche incredibilmente libera.

Elia la guardò, il volto ancora arrossato dal piacere. «Questo non è un addio,» disse, serio.

Cristina sorrise, e il suo sguardo era una promessa. Si rivestirono in silenzio, sistemando i capelli, i vestiti stropicciati, gli sguardi ancora carichi di tutto ciò che era appena accaduto.

Salendo di nuovo sul ponte, Cristina si fermò un istante a guardare il mare che avevano appena fatto complice del loro sesso sul traghetto. Quando il traghetto attraccò a La Spezia, la realtà li riabbracciò.

Ma qualcosa era cambiato. Cristina lo sentiva nel corpo, nel cuore, nel sesso ancora caldo tra le cosce. Elia aveva riacceso una parte di sé che credeva spenta da tempo. Una voglia che ora era impossibile ignorare.

Si separarono con un abbraccio breve ma intenso, come chi sa che si rivedrà. Cristina si allontanò con passo sicuro, il corpo ancora vibrante, la testa leggera, il cuore pieno.

Aveva riscoperto il suo desiderio. E non aveva più intenzione di spegnerlo.

L’albergo si affacciava sulla scogliera di Vernazza, un vecchio edificio con muri in pietra e finestre verdi che sembravano spiare il mare. Cristina era lì da due giorni. Il tempo scorreva lento, eppure, dentro di lei, c’era una tensione che aumentava a ogni tramonto.

Dopo quell’incontro sul traghetto, Elia era sparito. Nessun messaggio. Nessuna chiamata. Solo quel ricordo inciso sulla pelle. Aveva detto: “Questo non è un addio”. Ma le parole si perdono in fretta, soprattutto quelle sussurrate con un orgasmo in gola.

Cristina non sapeva nemmeno se sperare o dimenticare. Aveva affittato la stanza 14 — vista mare, letto in ferro battuto, lenzuola bianche ancora profumate d’estate. Ogni sera, lo stesso gesto: un bicchiere di vino, la finestra aperta, il mare che respirava come un amante addormentato.

Poi, al terzo giorno, bussarono.

Cristina non fece nemmeno domande. Aprì. Ed Elia era lì. Stava in silenzio, la camicia slacciata, lo sguardo acceso ma calmo. Si guardarono per lunghi istanti. Nessuno dei due disse nulla.

Cristina si voltò e rientrò nella stanza. Lui la seguì. Si chiuse la porta alle spalle.

Si baciarono senza fretta. Lenti. Familiari. I corpi si cercavano, sì, ma non con urgenza. Con desiderio lucido. Cristina si lasciò spogliare con grazia, il vestito che scivolava sulle caviglie, lasciando il suo corpo nudo sotto la luce calda della stanza.

Elia la stese sul letto e le baciò la pancia, le cosce, i seni tesi. Ogni tocco era più un’adorazione che un possesso. La leccava con lentezza, aprendola con le dita e assaporandola fino a sentirla tremare. Quando venne, Cristina lo fece in silenzio, con il corpo che si inarcava come un’onda che si infrange.

Poi toccò a lui. Cristina lo guardava mentre si denudava. Il cazzo era duro, perfetto, pronto per lei. Lo prese in bocca, con dolce ferocia, gustandolo, facendolo gemere. Elia la afferrò per i capelli, ma con delicatezza, come se non volesse rovinarla, solo sentirla.

La scopò da dietro, inginocchiati sul letto, le mani sui suoi fianchi, le sue dita che si stringevano alla carne con rabbia contenuta. Il suono dei loro corpi che si scontravano riempiva la stanza, insieme ai gemiti e al respiro ansimante. Ma non c’era violenza: c’era intensità. Una fame che si era accumulata nei giorni d’attesa.

Vennero insieme, o quasi. Lei prima, mentre lo implorava di non fermarsi. Lui subito dopo, con un grido sommesso, come se non volesse svegliare la notte.

Restarono sdraiati, nudi, sudati. Il mare fuori continuava il suo respiro.

«Perché sei tornato?» chiese Cristina, piano.

Elia restò in silenzio per un attimo. Poi disse: «Non lo so. Forse perché non volevo smettere di pensarti.»

Lei si girò verso di lui, cercando il suo sguardo. «Resterai?»

Un sorriso. Vago. Irresistibile. «Non lo so nemmeno questo.»

Cristina non chiese altro. Si alzò, si infilò una camicia leggera e andò alla finestra. Il vento le accarezzava le gambe nude, portando con sé l’odore salato del mare e la consapevolezza che certe passioni non si possono trattenere.

Dietro di lei, Elia si rivestiva in silenzio.

Non si dissero addio. Non si promisero nulla.

E forse, proprio per questo, fu più reale di qualunque amore.


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