La camera rossa - Arezzo Trasgressiva

In una valle incuneata tra le aspre montagne del Trentino, dove il silenzio regna sovrano e la natura si mostra in tutta la sua selvaggia bellezza, sorgeva un antico maso, rifugio di segreti taciuti e desideri inconfessabili. Là, tra pietre antiche e legno vissuto, Matteo – un uomo di 46 anni, imprenditore di montagna, mani forti, corpo temprato dal lavoro all’aria aperta – attendeva con un’eccitazione che gli bruciava sottopelle.

Quella sera sarebbe arrivata Desiree. Mistress trentina di 31 anni, corpo scolpito e letale in latex nero, curve ipnotiche e una voce capace di accendere la lussuria con una sola sillaba. Una donna pericolosa e irresistibile, capace di far inginocchiare anche gli uomini più duri.

Matteo aveva curato ogni dettaglio: il camino acceso, l’odore del legno bruciato, le ombre che danzavano sui muri in pietra grezza. L’interno del maso sembrava sospeso nel tempo, pronto a trasformarsi in un tempio di piacere e sottomissione.

Quando Desiree arrivò, il cielo era già trapunto di stelle. I suoi stivali con tacco a spillo risuonarono sul pavimento in legno, scandendo ogni passo con autorità. Indossava un corsetto nero che stringeva il punto vita, lasciando esplodere il seno, e un completo di latex che rifletteva la luce del fuoco. Il suo sguardo si posò su Matteo come una sentenza.

Non disse una parola. Gli fece solo un cenno, ordinandogli silenziosamente di seguirla.

Lo condusse in una stanza appartata, al centro della quale troneggiava una sedia dalle linee solide e provocanti. Matteo si spogliò in silenzio, rivelando un corpo virile, duro e segnato. Desiree legò i suoi polsi con sicurezza, intrecciando corde come se stesse componendo una sinfonia di pelle e nodo.

Poi accese una candela di cera rossa. «Sei pronto a sentire il calore, Matteo?» sussurrò, lasciando colare gocce incandescenti sul suo petto. L’uomo sussultò, un gemito profondo gli sfuggì dalle labbra. Il dolore e il piacere si intrecciavano come amanti nel buio.

«Sì, mistress… sono tuo.»

Lei sorrise, lentamente, come una tigre soddisfatta. «Ti farò gridare, imprenditore di montagna. Voglio sentire la tua anima spezzarsi per me.»

Con una frusta di cuoio nero iniziò a colpirlo. Ogni colpo era preciso, sensuale, misurato al millimetro. Le sue spalle si tendettero, la pelle arrossata si accendeva sotto i colpi. Matteo gemette, ansimò, si contorse, ma non implorò mai. Ogni frustata era una carezza al contrario. La stanza si riempiva dei suoni sordi del cuoio, del respiro affannoso, del piacere che cresceva.

Quando il suo corpo era un dipinto di rosso e desiderio, Desiree si inginocchiò davanti a lui. Ma non fu per offrirgli sollievo. Indossava uno strap-on in lattice nero, lucido, lungo, imponente. I suoi occhi brillavano di potere assoluto.

«Ora tocca a me, montanaro.»

Con un gesto deciso lo penetrò. Matteo spalancò gli occhi e poi li chiuse, lasciandosi travolgere da quella sensazione nuova, elettrica, che gli esplodeva nei lombi. Lei lo cavalcava con maestria, affondando e ritraendosi con ritmo crescente, mentre gli artigli delle unghie si piantavano sulle sue cosce.

«Chi comanda qui?» sibilò mordendogli il lobo dell’orecchio.

«Tu… tu, mistress…»

Il suo corpo vibrava, il membro duro pulsava, mentre l’orgasmo cresceva come una valanga pronta a travolgerlo. Quando venne, fu un’esplosione primitiva, un urlo che rimbalzò tra le pareti di pietra.

Desiree si fermò, lo guardò come si guarda un’opera d’arte finita. Poi si tolse lentamente lo strap-on, con un gesto carico di femminilità e autorità. Gli prese il volto tra le mani, lo baciò a fondo, un bacio che gli fece tremare le ginocchia, anche se era ancora legato.

«Hai superato ogni mia aspettativa, Matteo. Ma non abbiamo finito.»

Lo liberò e lo guidò sul divano in pelle. Si sistemò sopra di lui, nuda, calda, bagnata. Questa volta fu lui a prenderla, con un colpo secco e deciso. Le sue mani le stringevano i fianchi, il suo sesso spingeva dentro di lei con fame e adorazione. Desiree gemeva, si muoveva con lui in un valzer carnale e senza tregua.

La cavalcata fu lenta, poi sempre più selvaggia. Il suo seno ondeggiava sopra di lui, le unghie gli graffiavano il petto, le labbra cercavano baci, morsi, parole. Quando vennero insieme, fu un’esplosione condivisa, una fusione violenta e dolcissima, che li lasciò esausti e intrecciati.

Nel silenzio che seguì, con i corpi ancora caldi, Matteo capì che Desiree non era solo una mistress. Era una rivelazione. Aveva acceso un fuoco dentro di lui che non si sarebbe più spento.

Lei si alzò, recuperò i vestiti con lentezza teatrale. «Il gioco finisce solo quando lo dico io, Matteo.»

E se ne andò, lasciandogli sulla pelle il segno delle sue unghie, sulla bocca il sapore del suo bacio, e nel cuore la consapevolezza che, tra le montagne del Trentino, nel silenzio di quel maso solitario, aveva scoperto un lato di sé che non avrebbe mai più potuto ignorare.

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