- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Clara
- Categoria: Racconti erotici sottomissione
- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Clara
- Categoria: Racconti erotici sottomissione
L'infermiera del centro - Arezzo Trasgressiva
In una tranquilla via di Oristano, dove le case si stringevano l’una all’altra come vecchi amici, Pietro, quarantquattro anni, insegnante di letteratura, avanzava con passo misurato verso un appuntamento fissato con estrema discrezione. Uomo riservato, aveva sempre controllato ogni impulso, proteggendo con cura l’immagine pubblica di educatore impeccabile. Ma quel pomeriggio, qualcosa dentro di lui chiedeva libertà.
Clara, trentanove anni, conosceva bene uomini come Pietro. Li riconosceva nel portamento, nei silenzi, nel peso invisibile che portavano. Era un’escort, ma con un talento particolare: un’abilità nel prendersi cura e guidare, trasformando un incontro in un’esperienza che univa mente e corpo.
Quando Pietro varcò la soglia del suo studio, lo accolse il profumo di essenze orientali e una luce soffusa che pareva invitare all’abbandono.
— Benvenuto, Pietro — disse Clara con un sorriso misurato ma intenso. — Oggi vorrei proporti qualcosa di speciale… un gioco. Tu sarai il paziente, io la tua infermiera. Dovrai soltanto fidarti di me.
Pietro avvertì un brivido percorrergli la schiena. Quella sfida sottile lo attirava più di quanto volesse ammettere.
— Va bene — rispose, a voce bassa. — Mi fido di te.
Clara lo accompagnò nella sala principale. Un lettino attendeva al centro, illuminato da candele che gettavano ombre morbide sulle pareti. Con gesti lenti ma sicuri, lo invitò a lasciarsi andare. Pietro obbedì, percependo ogni sguardo di Clara come un filo invisibile che lo avvolgeva.
Quando le mani di Clara lo sfiorarono, il contatto era allo stesso tempo rassicurante e carico di un’intenzione che andava oltre il semplice tocco. La sua voce, vicina all’orecchio, era un sussurro che mischiava cura e comando:
— Qui, per un’ora, non dovrai pensare a niente. Io guiderò ogni passo.
La tensione in Pietro cominciò a sciogliersi, sostituita da una sensazione di vulnerabilità nuova, quasi elettrica. Clara sapeva esattamente dove fermarsi e dove insistere, alternando momenti di dolcezza a gesti più decisi, come se stesse componendo una melodia sul suo corpo.
Il tempo sembrava scorrere in modo diverso lì dentro. Ogni respiro, ogni movimento, aveva il sapore di qualcosa di proibito e necessario allo stesso tempo.
Quando l’incontro si concluse, Pietro si sentiva leggero, quasi trasparente.
— Come ti senti, paziente mio? — chiese Clara con un sorriso che non lasciava dubbi sul fatto che il gioco avrebbe potuto ripetersi.
— Mi sento… libero — rispose lui, con un’espressione che mescolava sorpresa e gratitudine.
Clara annuì, avvicinandosi abbastanza da fargli percepire ancora il calore del suo corpo.
— Allora il trattamento ha funzionato. Ricorda: ogni volta che vorrai ritrovare questa sensazione, io sarò qui.
E Pietro, mentre lasciava quello studio, sapeva che una parte di sé non sarebbe più stata la stessa. Aveva scoperto che a volte la lezione più importante non si trova sui libri, ma nel coraggio di lasciarsi guidare verso ciò che si desidera davvero.
Passarono due settimane, ma per Pietro ogni giorno fu un esercizio di autocontrollo. Continuava a ripensare a Clara, a quella sua voce che sapeva entrare sotto la pelle, a quel misto di comando e cura che lo aveva lasciato spiazzato e rinvigorito allo stesso tempo.
Alla fine, una sera, cedette. Un messaggio breve, quasi formale: «Vorrei prenotare una nuova sessione.»
La risposta arrivò in pochi minuti: «Domani, alle 18. Preparati a essere un paziente modello.»
Il giorno seguente, Pietro si trovò di nuovo davanti alla porta dello studio. Ma questa volta il passo era diverso: non più esitante, bensì attratto da una curiosità che non riusciva a nascondere.
Clara lo accolse con la stessa calma della prima volta, ma il suo sguardo era diverso: come se già sapesse cosa lui stesse cercando.
— Bentornato, professore — disse con un accenno di sorriso. — Questa volta alzeremo il livello. Sei pronto?
Pietro annuì, sentendo un brivido di anticipazione.
Clara lo guidò in una stanza diversa da quella della prima volta. Più ampia, con luci ancora più soffuse e un grande paravento di seta rossa sullo sfondo. Il profumo era intenso, avvolgente. Sul tavolo, un vassoio con benda, nastri di seta e piccoli oggetti dal significato misterioso.
— Oggi — disse Clara — il paziente non vedrà nulla. Dovrà affidarsi completamente al tocco della sua infermiera.
Prima che Pietro potesse replicare, Clara gli si avvicinò, posizionando delicatamente la benda sui suoi occhi. Il mondo visivo svanì, sostituito dal suono della sua voce e dalla percezione amplificata di ogni minimo gesto.
Sentì le mani di Clara sfiorargli le spalle, scendere lungo le braccia, fermarsi sui polsi. Il suono della seta che veniva annodata attorno ai suoi polsi e caviglie lo fece sussultare: un legame morbido ma deciso, che lo immobilizzava senza far male.
— Respira lentamente — mormorò lei. — Lascia che siano i sensi a parlare.
Seguì un silenzio interrotto solo dal ritmo del respiro. Poi, un tocco caldo sulla pelle del collo, una carezza lenta che scivolò lungo il torace, fino a fermarsi sul ventre. Ogni contatto era calibrato, studiato, come se Clara stesse componendo una sinfonia invisibile.
— Ti stai lasciando andare… — sussurrò, la sua voce vicinissima all’orecchio. — Questo è il vero inizio.
Pietro, prigioniero volontario di quel rituale, percepì una trasformazione dentro di sé: non era più un uomo che “subiva” un gioco, ma un partecipante attivo, un esploratore del proprio desiderio. La perdita della vista lo costringeva a concentrarsi sulle sensazioni, e ogni minimo gesto di Clara diventava un mondo intero.
Le sue mani esperte alternavano calore e leggerezza, fermandosi quando lui avrebbe voluto di più, riprendendo quando il bisogno era più intenso. Non c’era fretta, solo un crescendo lento, un filo teso che non si spezzava mai.
Quando finalmente Clara sciolse i legami e tolse la benda, la luce soffusa lo accolse come un ritorno alla realtà, ma una realtà diversa, più viva. Pietro la guardò, senza parole, e vide nei suoi occhi la consapevolezza di chi aveva appena condotto un viaggio profondo.
— Ecco, professore — disse Clara con un sorriso lieve. — Ora conosci il vero significato dell’abbandono.
Lui restò in silenzio, ancora immerso in quella calma nuova. Poi, quasi senza pensarci, le prese la mano.
— Clara… non è stato solo un gioco.
Lei annuì, con quella tranquillità che sapeva essere il suo tratto più disarmante.
— Lo so. Ed è per questo che la prossima volta, se vorrai tornare, non sarai più solo un paziente. Sarai il mio complice.
Pietro uscì dallo studio quella sera con una certezza: non era più l’uomo che era entrato la prima volta. Aveva scoperto una parte di sé che non avrebbe mai immaginato, e sapeva che quella porta — fisica e interiore — non si sarebbe più chiusa.
E mentre camminava per le vie silenziose di Oristano, sentiva che quella storia non era finita. Anzi, forse, era appena cominciata.
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