- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Elisa
- Categoria: Racconti erotici orge
- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Elisa
- Categoria: Racconti erotici orge
La biblioteca privata - Arezzo Trasgressiva
Elisa, trentasei anni, restauratrice di libri antichi, viveva immersa in un mondo fatto di silenzi e di profumo di carta. Ogni giornata era un rituale: mani attente che sfioravano pagine fragili, occhi concentrati sui segni del tempo, un respiro lento che accompagnava il ritmo del lavoro.
Non era una vita rumorosa, ma le apparteneva.
O almeno così credeva.
Quella sera, un invito inatteso arrivò a incrinare la sua routine.
Un party culturale in una villa storica di Mantova, tra arte, musica e conversazioni raffinate. Elisa immaginava calici di vino, dibattiti sull’arte e il piacere di perdersi tra tele e sculture. Non sapeva ancora che quella notte avrebbe aperto una porta—letteralmente e metaforicamente—su un lato di sé mai esplorato.
La villa si rivelò un gioiello: facciata elegante, interni caldi illuminati da luci soffuse, il suono di un quartetto d’archi che si muoveva tra le stanze come un filo invisibile.
Camminando senza fretta, Elisa lasciava che i dettagli la avvolgessero… finché non notò una porta socchiusa, lontana dal brusio principale.
L’istinto le suggerì di entrare.
Era una biblioteca, maestosa, con scaffali fino al soffitto e un odore di legno antico e pergamena.
Non era sola.
Tre figure la attendevano: due uomini e una donna. Non indossavano abiti convenzionali per una serata culturale; c’era in loro un’aura teatrale, studiata, come se fossero personaggi di un’opera che stava per cominciare.
Il primo uomo, alto, portava con sé una calma magnetica; il secondo, più agile e sottile, aveva uno sguardo che prometteva segreti; la donna, con i capelli corvini e la pelle calda, sembrava l’incarnazione stessa di un invito proibito.
«Benvenuta, Elisa» disse lei, con una voce vellutata che sembrava scivolarle addosso. «Questa non è solo una biblioteca. È un santuario dei sensi.»
Il cuore di Elisa accelerò.
C’era qualcosa nel modo in cui la guardavano—un intreccio di curiosità e intenzione—che le impedì di trovare una risposta.
L’uomo più alto le fece cenno verso una poltrona di velluto verde scuro. Lei si sedette, consapevole di essere al centro di una scena costruita per lei.
Le mani della donna, calde e lente, le sfiorarono il viso. Non era un gesto rapido: era un’esplorazione.
Il respiro di Elisa si fece più corto, la mente divisa tra l’istinto di arretrare e quello, irresistibile, di restare.
Le luci nella stanza sembravano più basse, le ombre più dense.
Gli uomini si avvicinarono, sfiorando appena le sue braccia, come a tracciare confini invisibili sul suo corpo. Ogni movimento era calibrato, come in una coreografia silenziosa.
Elisa si sentiva al centro di un cerchio che si stringeva.
Il calore dei loro corpi era vicino, ma mai invadente; i respiri, le parole appena sussurrate, il lieve tocco sulle spalle e lungo la schiena si fondevano in un linguaggio che non aveva bisogno di essere tradotto.
Il desiderio cresceva senza bisogno di essere dichiarato, e la tensione tra ciò che accadeva e ciò che non accadeva era essa stessa una forma di piacere.
La donna le prese la mano e la guidò verso un tavolo di legno antico, invitandola a toccarne la superficie levigata.
«Ogni storia ha le sue pagine nascoste» mormorò, «e ogni anima ha i suoi capitoli segreti.»
In quel momento Elisa comprese che quella notte non sarebbe stata una semplice parentesi mondana.
Era entrata in un luogo dove la cultura e il desiderio si intrecciavano, dove l’arte era fatta anche di sguardi, respiri e gesti sospesi.
E lei, per la prima volta, si sentiva pronta a essere non solo spettatrice, ma protagonista di quel racconto proibito.
Quando più tardi, all’alba, uscì dalla villa, portava negli occhi un bagliore diverso.
Non tutto era stato detto, non tutto era stato fatto, ma tutto era stato sentito.
E quella eraElisa rimase immobile, come se il tempo avesse improvvisamente rallentato.
La biblioteca era silenziosa, ma non immobile: c’erano respiri, movimenti appena percettibili, il fruscio lieve di un tessuto che sfiorava il pavimento in legno. Le candele sui tavoli proiettavano ombre tremolanti, e ogni ombra sembrava voler raccontare una storia segreta.
La donna dai capelli corvini si avvicinò per prima. Il suo sguardo era fermo, ma non ostile: piuttosto, conteneva una sfida silenziosa.
«Sai perché sei qui, Elisa?» chiese, con un filo di voce che sembrava già parte di una confidenza antica.
Elisa non seppe cosa rispondere.
Una parte di lei voleva dire di no, un’altra parte, quella che si era messa in moto fin dal primo sguardo, sapeva che la domanda non chiedeva una risposta logica.
L’uomo alto si mosse accanto a lei e le porse un bicchiere di cristallo, colmo di un liquido ambrato.
Il profumo era intenso, speziato, con un sentore di miele e legno. Elisa bevve un piccolo sorso, e sentì il calore scendere lentamente, sciogliendo ogni tensione.
«In questa stanza» intervenne l’uomo più snello, «non valgono le regole di fuori. Qui, le storie si scrivono con i gesti, non con le parole.»
E così iniziò un rituale lento e ipnotico.
La donna la condusse verso una scala a chiocciola che saliva fino a un ballatoio in legno scuro. Dall’alto, la vista sulla biblioteca era mozzafiato: file di volumi antichi, lampade basse, il bagliore delle candele, e i due uomini che le osservavano dal basso con attenzione assoluta.
La donna le sfiorò la mano, e quel tocco, pur semplice, conteneva una promessa.
«Sei abituata a proteggere i libri» mormorò, «ma stasera… forse, qualcuno proteggerà te.»
Sedettero su un divanetto posto accanto a una vetrata che dava sul giardino interno. La pioggia sottile picchiettava sul vetro, creando una musica discreta, quasi complice.
Uno degli uomini le raggiunse e, senza dire nulla, iniziò a leggere ad alta voce da un volume antico, la voce profonda e modulata. Le parole scivolavano nello spazio come una carezza sonora. Elisa, chiudendo gli occhi, si rese conto che non stava ascoltando il testo per comprenderlo, ma per sentirlo vibrare dentro di lei.
L’altro uomo le porse una sciarpa di seta. «Chiudi gli occhi per davvero» disse, e la seta scivolò sulla pelle del viso fino a coprirle lo sguardo.
Privata della vista, Elisa percepì tutto il resto con più intensità: il rumore del camino, il fruscio degli abiti, il profumo mescolato di carta, legno e qualcosa di indefinibile… forse loro.
Mani leggere sfiorarono le sue spalle, poi le braccia. Non era un gesto rapido, ma un’esplorazione lenta, come se volessero imprimere nella memoria di Elisa ogni millimetro di pelle toccata.
Non c’era fretta, e proprio per questo la tensione cresceva.
La donna le sussurrò all’orecchio:
«Ogni volta che un libro viene aperto, qualcosa cambia per sempre. Vale anche per le persone.»
Elisa sentì un sorriso affiorarle sulle labbra. Era come se quella frase fosse una chiave che apriva un cassetto chiuso da anni.
Non si trattava solo di desiderio. Era un invito a scoprire parti di sé rimaste finora silenziose.
La seta le venne tolta. Davanti a lei, i tre la guardavano come se fosse una creatura rara, appena trovata e già preziosa. Nessuno fece un passo di troppo: si limitavano a restare, a guardare, a circondarla con un’attenzione così intensa da farle sentire che, in quel momento, il centro dell’universo era lì, tra quelle pareti colme di storie.
La donna prese un vecchio volume e lo aprì a metà. Lo porse a Elisa.
«Scegli una frase. Qualsiasi frase. Sarà il nostro patto.»
Elisa sfiorò le pagine con le dita, finché l’occhio non cadde su un verso:
“Il desiderio è l’arte di attendere, e di non spegnere mai il fuoco.”
Glielo lesse con voce ferma. I tre si scambiarono uno sguardo, come se fosse proprio quella la frase che aspettavano.
Rimasero così fino a notte fonda, parlando poco, muovendosi lentamente tra libri, sedute di velluto e luci calde. Era un gioco di ombre e di silenzi, dove il contatto era dosato e il vero piacere stava nell’attesa, nel non sapere cosa sarebbe accaduto e nel non avere fretta di scoprirlo.
Quando l’alba iniziò a filtrare dalle tende, Elisa capì che qualcosa in lei era cambiato per sempre.
Non c’era stato un gesto definitivo, nessuna scena da romanzo passionale… eppure si sentiva come se avesse attraversato un ponte invisibile, lasciandosi alle spalle una parte di sé che ormai non le serviva più.
All’uscita, la donna le mise in mano il libro da cui aveva scelto la frase. «Tienilo» disse. «Ogni volta che lo aprirai, ricorderai che la tua storia non è finita.»
Elisa tornò a casa con il volume stretto al petto, il cuore leggero e la mente in fermento.
Sapeva che non avrebbe mai più guardato una biblioteca nello stesso modo.
E forse, la prossima volta, non avrebbe atteso che fosse il destino ad aprire la porta… l’avrebbe aperta lei. la vera rivoluzione che le era accaduta.
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