Il club sotterraneo - Arezzo Trasgressiva

Enzo, con il camice bianco impeccabile e il nodo della cravatta perfetto, era il ritratto della rispettabilità. A Campobasso tutti lo conoscevano come un medico serio e irreprensibile. Ma dietro quello sguardo pacato e le giornate scandite da orari precisi, covava una fame silenziosa, un bisogno di qualcosa che la sua vita ordinata non riusciva a offrirgli.

Una sera, rientrando a casa, sentì qualcosa scivolare dal taschino del cappotto. Un biglietto nero, scritto a mano con tratti netti e sicuri:
"Scopri i piaceri nascosti sotto la superficie. Segui la luce rossa."

Quella frase gli rimase addosso come un profumo persistente. Senza pensarci troppo, lasciò che fosse la curiosità a guidarlo.

Il centro storico, con le sue pietre antiche e le luci calde, lo condusse fino a una piccola porta che non aveva mai notato. Oltre quella soglia, una scala scendeva verso un seminterrato. Il rumore dei suoi passi si mescolava a un sottofondo musicale, profondo e avvolgente.

Al piano inferiore, si aprì davanti a lui un loft sotterraneo. Luci soffuse, velluti scuri, divani profondi. Un’atmosfera sospesa, dove il tempo sembrava rallentare. Uomini e donne, vestiti con eleganza studiata, lo accolsero con sorrisi che avevano il sapore di inviti segreti.

Due figure femminili si avvicinarono. Una bionda, dal sorriso luminoso e dal corpo morbido, e una mora dagli occhi che promettevano tempeste. I loro gesti erano leggeri ma decisi, il tocco delle dita un linguaggio non verbale che Enzo capiva benissimo. Ogni movimento sembrava studiato per farlo sentire al centro dell’attenzione, al centro di un rito che stava appena iniziando.

Lui si lasciò condurre in un salotto appartato, circondato da tende pesanti che isolavano il mondo esterno. Le luci, filtrando dal tessuto, proiettavano sulla pelle bagliori dorati e rossi. La vicinanza dei loro corpi, i respiri sfiorati, gli sguardi trattenuti più del necessario… tutto alimentava un crescendo che non aveva bisogno di parole.

Altri due ospiti si unirono a loro, trasformando quell’angolo in un piccolo teatro di seduzione. Non c’erano scene plateali, ma gesti misurati, carezze che duravano un attimo in più, sguardi che ti restavano addosso. Enzo si sentiva intrappolato e libero allo stesso tempo, come se quel luogo avesse dischiuso una parte di lui che non conosceva.

Quando la notte volse al termine e il club cominciò a svuotarsi, la mora lo raggiunse. Si chinò vicino al suo orecchio, il suo profumo avvolgente:
— La notte è finita… ma non il desiderio. —

Gli prese la mano e lo condusse verso una porta che non aveva notato. Dietro, una stanza privata illuminata solo da una lampada a luce calda. Lì, lei gli porse un nuovo biglietto.

"Non è un addio. È solo l’inizio."

Enzo uscì che il sole stava sorgendo. Campobasso si stava risvegliando, ma lui camminava con la certezza che, sotto quelle strade familiari, esisteva un mondo pronto ad accoglierlo ancora.

E nella tasca del cappotto, il nuovo biglietto bruciava come una promessa.

Passarono alcuni giorni, ma Enzo non riusciva a pensare ad altro.
Quel biglietto trovato nella tasca era diventato come un talismano: ogni volta che lo sfiorava, un brivido gli percorreva la schiena. Non era solo curiosità — era bisogno.

Una sera, incapace di resistere oltre, tornò all’indirizzo segreto. La piccola porta era chiusa, ma una luce rossa filtrava dalla fessura sotto la soglia. Bussò una volta.
La porta si aprì lentamente, rivelando la figura della mora che l’aveva condotto alla stanza privata.

— Sapevo che saresti tornato — disse lei, con un sorriso che era metà accoglienza e metà sfida.

Lo guidò lungo lo stesso corridoio, ma stavolta le tende si aprirono su un ambiente diverso: un salone circolare, al centro del quale troneggiava un grande tappeto rosso. Attorno, divani bassi e specchi dorati che moltiplicavano riflessi e ombre. La luce era più fioca, ma più calda.

Enzo notò che le persone lì dentro si muovevano con una lentezza studiata, quasi ipnotica. Abiti che scivolavano dalle spalle, mani che si sfioravano appena, sguardi che sembravano soppesare i desideri altrui.

La mora lo fece sedere su un divano. Non disse una parola: si limitò a versargli un bicchiere di vino ambrato e a sedersi accanto a lui, sfiorandogli il ginocchio con la punta delle dita. Quel tocco, appena percettibile, bastò a risvegliare ogni sensazione che aveva provato la prima volta.

Poi apparvero altre due figure. Una donna alta, con un abito di seta verde che lasciava intravedere ogni curva, e un uomo dallo sguardo intenso, vestito di nero. Si mossero all’unisono, come se sapessero già cosa fare, avvicinandosi a Enzo e circondandolo lentamente.

La seta della donna sfiorava la sua pelle, mentre l’uomo si chinava appena dietro di lui, il respiro caldo all’orecchio. Ogni gesto era calibrato per allungare l’attesa, per trasformare il desiderio in un nodo che cresceva al centro dello stomaco.

Le mani si intrecciarono alle sue, gli occhi si persero in quelli della mora, e il mondo attorno scomparve. Il salone divenne un universo privato fatto di contatti, profumi e sussurri. Nessun gesto era esplicito, eppure la tensione erotica era talmente densa che sembrava vibrare nell’aria.

Quando il crescendo raggiunse il punto in cui Enzo si aspettava di lasciarsi andare, la mora si fermò. Lo prese per mano e lo condusse fuori dal salone, attraverso un corridoio stretto illuminato solo da lanterne basse.

Arrivarono a una porta di legno scuro. Lei gli mise tra le mani una chiave identica a quella che aveva ricevuto giorni prima, ma incisa con un simbolo diverso: una mezzaluna.

— Questa apre una stanza che vedrai una sola volta nella vita — disse lei, fissandolo negli occhi. — Dentro troverai la risposta a una domanda che non sapevi di avere.

Enzo inspirò profondamente, sentendo l’adrenalina mescolarsi al desiderio. Inserì la chiave nella serratura e la porta si aprì lentamente, rivelando…

La luce dorata di decine di candele, una vasca di marmo colma d’acqua tiepida e petali di rosa.
E dentro la vasca, ad attenderlo, c’era una persona che conosceva molto bene — troppo bene.

Il respiro di Enzo si bloccò.
Non era un’estranea.
Era sua moglie.

Lei lo guardò, con un sorriso lento e indecifrabile.
— Benvenuto nel mio mondo — disse.

Per un istante, Enzo rimase immobile sulla soglia.
Il rumore dell’acqua che si muoveva leggermente nella vasca sembrava amplificarsi, come se tutto il resto fosse scomparso. Sua moglie — il volto familiare eppure illuminato da un’aura nuova — lo osservava con occhi che non aveva mai visto così prima: fermi, sicuri, intrisi di un desiderio consapevole.

— Entra — disse lei, con un tono che non ammetteva esitazioni.

Enzo fece un passo, poi un altro. La porta si chiuse alle sue spalle con un lieve tonfo, isolandoli dal mondo esterno. Si inginocchiò accanto alla vasca, cercando una spiegazione, ma le parole gli rimasero bloccate in gola.

— So cosa stai pensando… — mormorò lei, facendo scivolare le dita sulla superficie dell’acqua. — Ma la verità è che ti conosco più di quanto tu creda. So cosa ti manca. So cosa desideri.

Ogni frase era un colpo diretto al petto. Enzo si rese conto che per anni avevano vissuto in una sorta di teatro, recitando ruoli sicuri, evitando di confessare certe fantasie. Eppure, lei non solo le conosceva… le condivideva.

— E questo posto? — riuscì infine a dire.

Un sorriso le sfiorò le labbra. — È mio. O meglio… nostro, se lo vorrai.

La mano di lei uscì dall’acqua, bagnata e calda, e afferrò la sua. Lo tirò con dolce fermezza finché Enzo non si trovò dentro la vasca, vestito solo del suo stupore e del calore crescente tra loro. L’acqua li avvolse, cancellando ogni distanza.

Per un tempo indefinito, non ci furono più domande. Solo sguardi lunghi, carezze sotto la superficie, la sensazione di essere finalmente nudi non solo nel corpo, ma nell’anima.

— Non dovremo più fingere — sussurrò lei, avvicinandosi fino a sentire il battito del suo cuore. — Potremo essere tutto ciò che vogliamo… insieme.

Il resto della notte fu un intreccio di scoperte e promesse, di gesti delicati alternati a slanci impetuosi. Non c’era più il medico irreprensibile né la moglie impeccabile: c’erano solo due amanti che avevano abbattuto il muro della routine e spalancato una porta verso un territorio inesplorato.

Quando l’alba iniziò a insinuarsi tra le tende pesanti, Enzo si ritrovò seduto accanto a lei, ancora immerso nell’acqua ormai tiepida. La guardò come se fosse la prima volta che la vedeva davvero.

Lei gli prese il volto tra le mani. — Da oggi, vivremo due vite. Una alla luce del sole… e una sotto la superficie.

Enzo annuì, e nel suo sorriso c’era la certezza che nulla sarebbe mai stato come prima.
La chiave con l’incisione della mezzaluna brillava ancora sul bordo della vasca, pronta ad aprire porte che entrambi, finalmente, avevano deciso di varcare insieme.


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