LA FINESTRA DEL PIACERE - Arezzo Trasgressiva

La finestra sul desiderio

La notte avvolgeva Brescia con il suo manto scuro, punteggiato qua e là dalle luci gialle che si riflettevano sulle pozzanghere come stelle cadute. Daniele, ventisette anni, barista del turno di notte, chiudeva il locale con movimenti abitudinari e lenti. Gli occhi azzurri, stanchi ma ancora brillanti, tradivano un pensiero fisso, ostinato. Le braccia tatuate scorrevano sul bancone umido, ma la sua mente era già altrove. Sempre da lei. Sempre da Clara.

Trentotto anni, curve pericolose, uno sguardo che pareva scavarti l’anima. Clara viveva nel palazzo di fronte al suo, e faceva l'escort. Non si nascondeva, anzi: amava spogliarsi davanti alla finestra aperta, come se quel gesto fosse parte di un rituale che andava ben oltre il lavoro. Daniele non sapeva se lo facesse apposta, ma ogni sera si ritrovava lì, al buio, ad osservare, incapace di staccare lo sguardo da quella donna che incarnava tutte le sue fantasie più proibite.

Quella sera, però, qualcosa cambiò. Quando Daniele sollevò lo sguardo dalla finestra, Clara era lì. Nuda quasi del tutto, con solo un corpetto nero che le stringeva il seno. E questa volta lo guardava. Fissava lui, con un sorriso che aveva il sapore del peccato.

Poi iniziò a slacciarsi lentamente il corpetto, un bottone alla volta, senza mai distogliere gli occhi. Ogni gesto era studiato, ogni movimento sembrava dirgli: guarda cosa ti perdi, vieni a prendermi.

Il tessuto scivolò giù, lasciando nudi due seni pieni, tesi, con capezzoli duri e scuri, che si offrivano alla notte. Clara si lasciò cadere sul letto, aprendo leggermente le gambe. Una mano discese sinuosa sul ventre, l’altra iniziò a tormentarsi i capezzoli con movimenti lenti, sensuali.

Daniele sentì il sangue scorrergli più veloce. Sbottonò i jeans con foga, liberando il suo cazzo, già duro da far male. Si afferrò con una mano e iniziò a masturbarsi, gli occhi incollati a Clara, al modo in cui le sue dita sparivano nella figa bagnata e poi tornavano su, lucide.

Clara allargò una gamba, poggiandola sul davanzale. Offerta totale. Il suo corpo era un invito urlato nel silenzio della notte. Daniele si muoveva con più foga, cercando di sincronizzarsi ai suoi movimenti. Era come se i loro corpi, separati dal vetro, fossero in realtà uniti da un filo invisibile, teso e rovente.

Lei inarcò la schiena, il viso contratto dal piacere. Poi, con voce roca e appena percettibile, sussurrò:
"Fottiti, Daniele."

Lui esplose. Un orgasmo potente, violento, che lo fece tremare mentre il suo seme schizzava sul pavimento. Dall’altra parte della strada, Clara gemeva, con le dita ancora immerse nel proprio piacere.

Il silenzio che seguì fu quasi mistico. Si guardarono a lungo, senza dire una parola, consapevoli che qualcosa era cambiato. Quello non era stato solo voyeurismo. Era stata una scopata a distanza, un amplesso mentale, una condivisione carnale senza contatto.

I giorni seguenti furono un tormento. Daniele non riusciva a pensare ad altro che a quel corpo, a quei seni che rimbalzavano a ritmo di desiderio, al modo in cui Clara aveva aperto le cosce per lui. Voleva di più. Voleva sentirla sotto di sé, bagnata e calda, voleva scoparla davvero.

Una sera, chiuso il bar, prese una decisione. Attraversò la strada, salì le scale due a due, bussò. Il cuore gli martellava nel petto. Quando la porta si aprì, lei era lì: vestaglia di seta nera, seno quasi scoperto, sguardo già acceso.

"Sapevo che saresti venuto," disse con voce bassa e complice.

Clara lo prese per mano e lo portò nella stanza che tante notti aveva spiato. Lo spinse sul letto, salì sopra di lui, e senza indugiare lo penetrò con un solo movimento profondo, bagnata e calda come il peccato.

Il suo corpo ondeggiava sul cazzo di Daniele con un ritmo perfetto, alternando lente discese a colpi rapidi e violenti. Il suo viso era contratto, gli occhi chiusi, ma ogni tanto li apriva per guardarlo e sussurrare parole che gli incendiavano il sangue.

"Scopami più forte, Daniele. Fammi tua. Fammi gridare."

Lui la prese per i fianchi, la girò di colpo, e cominciò a scoparla da dietro, affondando tutto, mentre lei si aggrappava al cuscino e gemeva. Le sue pareti si stringevano attorno al cazzo con una forza quasi insopportabile, un invito costante all'orgasmo.

Con un ultimo colpo profondo, Daniele si lasciò andare, riempiendola con un getto caldo e abbondante. Clara urlò il suo nome mentre veniva a sua volta, con il corpo scosso dai brividi.

Si lasciarono cadere uno accanto all’altra, sudati, esausti, eppure carichi di una nuova energia.

"Questo è solo l'inizio," sussurrò Clara, accarezzandogli il petto.
Daniele sorrise, sapendo che da quel momento in poi non avrebbe più guardato dalla finestra. Avrebbe varcato quella soglia ogni volta che ne avrebbe avuto voglia. E Clara lo avrebbe aspettato.

Sotto il cielo notturno di Brescia, tra le ombre silenziose della città, una relazione proibita e bruciante prendeva vita. Una storia fatta di pelle, sguardi, gemiti e lenzuola stropicciate. Una storia che, notte dopo notte, avrebbe riscritto le regole del desiderio.


Clara si alzò dal letto con movimenti felini. La luce soffusa della lampada a stelo disegnava sul suo corpo nudo linee morbide, ombre che sembravano accarezzarla mentre si muoveva. I suoi glutei pieni ondeggiavano ad ogni passo, e Daniele non riusciva a smettere di guardarla. Si stava già eccitando di nuovo, ancora duro, ancora affamato.

Lei lo notò, ovviamente. Si voltò e gli lanciò un’occhiata provocante.
"Ti piace guardarmi, eh?" disse, avvicinandosi lentamente al letto. Gli montò sopra a carponi, facendogli sfiorare i capezzoli con le labbra. "Ma adesso voglio sentire la tua lingua. Lì."

Clara si mise in ginocchio sul volto di Daniele, aprendo le cosce come un fiore maturo. La sua figa era ancora umida, gonfia di desiderio, e sapeva di sesso e voglia. Daniele affondò la lingua tra le sue labbra, leccando con lentezza, assaporando ogni goccia, mentre Clara gemeva e si muoveva sul suo viso come se danzasse.

"Sì... così… leccami tutta, fammi venire in bocca," ansimava, stringendogli i capelli, guidando il ritmo. Il suo clitoride pulsava sotto la lingua di Daniele, duro e sensibile, mentre lei tremava per il piacere che saliva violento, inarrestabile.

Clara si lasciò cadere all'indietro, con il busto nudo che si alzava e abbassava mentre ancora ansimava. "Sei meglio di quanto immaginassi," mormorò. "Ma adesso voglio vederti venire in me, di nuovo."

Lo prese per il polso e lo tirò sopra di sé, aprendo di nuovo le cosce, afferrandosi i seni come per offrirglieli. Daniele la penetrò lentamente, questa volta senza fretta, godendosi ogni secondo dell'ingresso caldo e vischioso, guardandola negli occhi mentre scivolava dentro.
"Fammi male, Daniele. Voglio sentirti ovunque."

La scopata diventò più selvaggia, più sporca. Daniele le afferrò i capelli, la fece girare di schiena e le morse la spalla mentre affondava in profondità. Clara gemeva senza freni, la testa contro il cuscino, il sedere alto, le mani che graffiavano le lenzuola.

Il rumore dei loro corpi che si scontravano, i gemiti, l’odore pungente del sesso: tutto riempiva la stanza come una sinfonia carnale.
Dopo un secondo orgasmo urlato, Clara si lasciò cadere a pancia in giù, esausta, sudata, con le cosce ancora tremanti. Daniele le baciò la schiena, lentamente, leccandole il sudore e il sapore della pelle viva.

"Tu sei un vizio, Clara. Uno di quelli da cui non si guarisce."

Lei rise, piano. "Allora continua ad ammalarti. Perché io non ho ancora finito con te."

Quella notte non dormirono. Si amarono in ogni angolo di quella stanza: sul divano, contro il muro, nel bagno, con l’acqua calda della doccia che scorreva sui loro corpi intrecciati. Daniele si inginocchiò per succhiarla sotto il getto d'acqua, Clara lo prese in bocca con occhi ardenti, senza perdere il contatto visivo neanche per un secondo.

Lo succhiava lentamente, ingoiandolo tutto, con le labbra che si aprivano e chiudevano in un ritmo ipnotico, mentre le mani gli accarezzavano le palle con delicatezza e sicurezza. Lui l’avrebbe scopata lì, contro le piastrelle, mentre l’acqua scendeva tra le loro gambe e i gemiti rimbombavano nel bagno come un’eco indecente.

Al mattino, Clara gli preparò il caffè nuda, senza vergogna, camminando con naturalezza come se Daniele fosse sempre appartenuto a quella casa.
"Questa finestra," disse indicando quella che dava sul suo appartamento, "non è più un confine. È stata solo l’inizio."

Daniele la prese da dietro, nudo, con la tazza ancora in mano. Le penetrò con calma, spingendo piano mentre lei sorrideva. "Bevi," le sussurrò all'orecchio. "E dimmi se è più buono di quello del bar.


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