- Pubblicata il 07/08/2025
- Autore: Erika
- Categoria: Racconti erotici lesbo
- Pubblicata il 07/08/2025
- Autore: Erika
- Categoria: Racconti erotici lesbo
Cerchio di donne - Arezzo Trasgressiva
Erika si sistemò i capelli scuri, ancora umidi di pioggia, mentre varcava la soglia dell’elegante villa vicentina. Aveva accettato l’invito dell’amica con un misto di curiosità e scetticismo, ma ora, mentre i suoi tacchi risuonavano sul pavimento di marmo lucidissimo, sentiva un brivido di eccitazione correre lungo la schiena. Il ritiro "al femminile" prometteva di essere un’esperienza rigenerante, un’occasione per staccare dalla routine da commercialista e da una vita coniugale che, da mesi, le pesava come un macigno invisibile.
L’interno della villa era un trionfo di luci soffuse, profumi inebrianti e tessuti pregiati. Donne di ogni età si muovevano con disinvoltura tra cuscini e velluti, scambiandosi sorrisi e occhiate complici. Erika si sentì subito accolta, come se fosse parte di un cerchio segreto e antico, dove nessuno avrebbe giudicato nulla. Lasciò alle spalle il cappotto, rivelando un abito che accarezzava le sue curve mature, e si diresse verso il salone principale, dove l’amica organizzatrice la stava aspettando.
«Benvenuta, Erika!» esclamò lei, stringendola in un abbraccio caldo e femminile. «Sono così felice che tu abbia deciso di unirti a noi.»
Erika ricambiò il sorriso, ma si accorse subito che l’atmosfera nella villa aveva qualcosa di magnetico e indefinibile. C’era una tensione sospesa, un gioco sottile che aleggiava tra i corpi e gli sguardi.
La serata iniziò con un brindisi e conversazioni leggere, ma presto l’aria cambiò. Le risate si fecero sussurri, i sorrisi più audaci, e le mani iniziarono a sfiorare con naturalezza. Gli abiti scivolarono via come veli inutili. Erika osservava, stupita, ma non scandalizzata. Era attratta, incuriosita, e sentiva il proprio corpo risvegliarsi dopo un lungo torpore.
Un gruppo di escort lesbiche, professioniste del piacere, si avvicinò a lei. Erano cinque, ognuna con un’aura diversa: una bionda statuaria, una rossa dallo sguardo ipnotico, una mora dalla pelle ambrata e sensuale, una donna matura dai gesti eleganti e sicuri, e una giovane con un viso da angelo e un corpo che toglieva il fiato. Tutte diverse, tutte irresistibili, tutte con un unico scopo: farle scoprire i piaceri che aveva solo sfiorato nei suoi sogni più intimi.
«Vieni con noi, Erika,» le sussurrarono. E lei, senza opporre resistenza, si lasciò prendere per mano e condurre in una stanza privata.
Le mani delle donne la spogliarono con lentezza e precisione. L’abito cadde a terra, lasciando Erika nuda, eccitata, vulnerabile e viva. Si adagiò sul divano come su un altare sacro, mentre le escort la circondavano. La bionda e la rossa si inginocchiarono ai suoi piedi, le loro lingue cominciarono a tracciare linee di fuoco lungo le sue cosce, fino a raggiungere il cuore pulsante del suo desiderio. Le leccavano in perfetta sincronia, una danza di piacere che le tolse il respiro. Erika gemeva, le mani affondate nei capelli di entrambe, mentre il corpo si tendeva verso un orgasmo travolgente.
Poi la mora e la donna matura si avvicinarono, portando con sé un dildo doppio, lucido e liscio come seta. Erika accettò il gioco, si unì a una delle due, i loro corpi legati da quell’oggetto condiviso, mentre si muovevano all’unisono. Le loro labbra si cercavano, si mordevano, si fondevano in baci pieni di fame.
Intorno a loro, le altre donne si univano, si accarezzavano, si toccavano davanti a lei. Erika si ritrovò a masturbarsi mentre le altre la guardavano, incitandola, celebrando la sua liberazione. Il piacere montava come una marea, e quando venne, il suo orgasmo fu totale, crudo, primordiale. Urlò, tremò, si perse. Fu un’estasi condivisa, un rito tribale che la consacrò a una nuova versione di se stessa.
Le escort la avvolsero in un abbraccio collettivo, accarezzandole i capelli, baciandole le spalle, sussurrandole parole di dolcezza. Erika si sentiva rinata, libera da ogni maschera, da ogni dovere, da ogni costrizione che aveva indossato per anni come una divisa.
Ma la notte non era ancora finita.
Una alla volta, quelle donne straordinarie le offrirono nuovi giochi, nuove posizioni, nuovi sapori. La giovane dal viso angelico la prese per mano e la portò in un letto a baldacchino. Si amarono a lungo, con dolcezza crescente. I loro corpi si cercavano in silenzio, in una danza lenta, fatta di sospiri e sguardi. Nessuna parola, solo il linguaggio dei sensi.
Quando l’alba cominciò a filtrare tra le tende leggere, Erika si trovò tra le braccia della giovane, la testa sul suo petto, il cuore che batteva piano. Si baciarono con lentezza, poi si separarono con uno sguardo complice e pieno di gratitudine.
Erika si vestì in silenzio, guardando per un attimo le altre donne che dormivano sparse per la villa, stanche ma serene. Era tutto reale. Ed era stato perfetto.
Uscì in punta di piedi, con le scarpe in mano e un sorriso indelebile sul volto.
Sentiva ancora il profumo della pelle delle sue amanti, il sapore del vino, il tocco delle dita. Sentiva ancora il battito accelerato della sua femminilità, finalmente libera.
La sua vita sarebbe tornata alla normalità: la scrivania, le email, la casa, il marito. Ma lei non era più la stessa.
Il ritiro “al femminile” era stato un’iniziazione. Un passaggio. Una rivelazione.
Erika salì in macchina, accese il motore e si guardò allo specchio retrovisore. I suoi occhi brillavano di qualcosa che non aveva mai visto prima: consapevolezza, desiderio, potere.
Sorrise.
E partì, portandosi dietro un segreto meraviglioso.
Un segreto che nessuno le avrebbe mai potuto togliere.
Erika tornò a casa prima che il marito si svegliasse. La villa era ancora immersa nel silenzio dell’alba, e il profumo del caffè non aveva ancora invaso la cucina. Si tolse le scarpe all’ingresso, salì lentamente le scale e si fermò sulla soglia della camera da letto. Lui dormiva ancora, raggomitolato sul fianco, con un’espressione serena. Per un attimo, Erika provò tenerezza.
Ma fu solo un attimo.
Entrò in bagno, si spogliò, e lasciò scorrere l’acqua calda sulla pelle. Lavava via il sudore, i profumi, le tracce delle mani e delle lingue che l’avevano celebrata come un tempio vivente. Ma non poteva lavare via ciò che era cambiato dentro.
Nei giorni successivi, Erika tornò alla sua routine: lo studio da commercialista, i pranzi rapidi, le riunioni, la cena a due con silenzi d’abitudine. Il marito la osservava con occhi cauti. Lei non diceva nulla, ma qualcosa nel suo modo di muoversi, di sorridere, di respirare, era diverso. Più sicuro. Più femminile.
Ogni tanto, di notte, lui la cercava. E lei si lasciava toccare, ma senza abbandonarsi davvero. Non perché non volesse. Ma perché qualcosa, dentro di lei, si era aperto e ora non poteva più essere ignorato.
Il ricordo di quelle donne, della villa, della notte proibita… riaffiorava nei momenti più inaspettati. Bastava il profumo di una sconosciuta in ascensore, un braccialetto d’oro simile a quello della rossa, una canzone che la giovane aveva canticchiato al suo orecchio dopo l’amore. Tutto diventava un richiamo. E ogni richiamo, un fremito.
Poi, un giorno, nella pausa pranzo, Erika decise di cambiare caffetteria. La solita era affollata, rumorosa. Entrò in un locale più discreto, con luci basse, sedie in velluto blu e tazze di porcellana. Si sedette da sola, accanto alla finestra.
Fu lì che la vide.
Una donna elegante, sui quarantacinque, capelli castani con riflessi mogano, un abito nero semplice ma sensuale. Non era una delle escort della villa, ma aveva lo stesso portamento: lento, consapevole, magnetico. I loro sguardi si incrociarono per un attimo. Un secondo lungo, immobile.
La donna sorrise. Un sorriso sottile, quasi un invito.
Erika abbassò lo sguardo, ma sentì il battito nel petto accelerare. Prese un sorso di caffè e cercò di pensare ad altro. Ma quando sollevò di nuovo gli occhi, la donna era lì, davanti a lei.
«Posso?» chiese, indicando la sedia vuota.
Erika annuì, senza parlare.
La sconosciuta si sedette con grazia, poggiò il cappotto sul bracciolo e incrociò le gambe. Nessuna presentazione. Nessuna domanda. Solo silenzio. Uno di quei silenzi che vibrano.
«Hai uno sguardo interessante,» disse infine. «Uno sguardo che ha visto qualcosa di vero, recentemente.»
Erika la guardò. Nessuna allusione, nessun riferimento diretto. Eppure, si sentiva nuda.
«Forse,» rispose. «O forse ho solo cambiato pettinatura.»
La donna sorrise di nuovo. Più deciso, più intimo. «Se è così, le sta bene. Ma non è la pettinatura che emana desiderio.»
Poi si alzò. Prese una penna dalla borsa, scrisse qualcosa su un tovagliolo e lo lasciò accanto alla tazza. Un numero di telefono. E una sola parola: "se vuoi".
Uscì, senza voltarsi.
Erika rimase immobile. Il cuore le martellava nel petto. Non c’era stato tocco, né bacio, né nome. Ma era come se qualcosa fosse già accaduto.
Quella sera, cucinò in silenzio. Il marito parlava delle solite cose: un collega invidioso, il vicino che parcheggia male. Lei lo ascoltava, con un sorriso che non arrivava mai agli occhi.
Poi, mentre lui era sotto la doccia, Erika prese il telefono. Digitò lentamente il numero. Lo guardò per lunghi istanti. Il dito sul tasto di invio.
E poi… lo bloccò. Mise via il cellulare.
Per ora, bastava il pensiero. Il sogno. Il fremito.
Si affacciò alla finestra. Fuori, la città era avvolta da una pioggia leggera. Le luci si riflettevano sull’asfalto bagnato, creando scie dorate come vene pulsanti.
Erika chiuse gli occhi.
Sapeva che quella notte, ancora una volta, avrebbe sognato. Sognato donne dalle mani calde, sguardi che leggono l’anima, labbra che non mentono. Ma stavolta non si sarebbe svegliata con rimpianto.
Perché ora sapeva.
Sapeva di poter scegliere.
Di poter desiderare.
Di poter vivere.
E in quella consapevolezza silenziosa, sotto la pioggia e dentro la notte, Erika trovò una nuova forma di pace.
Non era un addio.
Era solo l’inizio di una libertà che non aveva più paura di ascoltare.
Altre storie in Racconti erotici lesbo