Cerchio di donne - Arezzo Trasgressiva

Erika si sistemò il tailleur, un gesto automatico con cui cercava di mascherare il tremito delle mani. Aveva accettato l’invito dell’amica quasi per noia, forse per disperazione. La routine del matrimonio, pur confortevole, era una gabbia silenziosa: cene eleganti, week-end programmati, carezze senza desiderio. Il ritiro “al femminile” organizzato in una villa alle porte di Vicenza era sembrato all’inizio una trovata new age, un diversivo innocuo. Ma appena varcata la soglia di quella dimora antica, Erika comprese che nulla sarebbe stato innocuo.

L’aria era densa di un erotismo caldo, palpabile. Profumi di incenso e pelle sudata si mescolavano a luci soffuse e moquette vellutata. Un gruppo di donne la accolse con sorrisi lenti e occhi che le scrutavano l’anima. Ognuna bellissima a modo suo, con corpi generosi e sguardi affamati. Erano escort lesbiche, professioniste del piacere, e quella villa non era altro che un tempio segreto in cui il desiderio femminile era re e regina insieme.
La prima stanza in cui entrò era un tripudio di corpi nudi. Curve che si intrecciavano come serpenti in un rito senza musica, se non i gemiti sommessi e il suono umido delle bocche che esploravano la carne. Erika restò immobile, i sensi in subbuglio. Sentiva i capezzoli indurirsi sotto il reggiseno, la seta delle mutandine che aderiva già troppo stretta. Era come se una corrente invisibile la stesse trascinando verso l’ignoto.

Due donne si avvicinarono. Una mora con occhi neri e pelle ambrata. L’altra bionda, con i capelli lunghi e mossi come onde d’estate. Si presentarono come Sofia e Giulia, e la loro presenza era magnetica. Sofia si chinò su di lei senza parlare, cominciando a slacciare la camicetta con dita sicure, mentre Giulia si inginocchiava per sfilarle le scarpe e far scorrere lentamente i pantaloni lungo le gambe. Erika tremava, ma non di paura. Ogni abito che cadeva portava via un pezzo di vergogna, lasciando emergere una voglia che bruciava come fuoco sotto pelle.

Quando fu nuda, le due escort lesbiche la condussero verso un divano ampio, coperto da cuscini di velluto color cremisi. Erika si lasciò andare, le cosce lievemente aperte, il respiro corto. La lingua calda e insistente di Sofia si posò subito sul suo sesso, affondando tra le labbra gonfie e già bagnate, mentre Giulia si arrampicava sul petto, accarezzandole i seni con la lingua, succhiando i capezzoli finché non divennero duri come pietre. Erika gemeva, un lamento profondo che saliva dal ventre. A ogni affondo della lingua di Sofia, il piacere cresceva, liquido e incontrollabile.

Sofia le divorava il clitoride con movimenti rapidi e circolari, mentre Giulia alternava morsi e carezze, baciandole il collo e sussurrandole: «Lasciati andare… sei bellissima così». Erika afferrò i capelli di entrambe, tirandole verso di sé, desiderosa di più, di tutto. Il suo corpo si inarcava, la schiena staccata dal divano, e quando l’orgasmo esplose dentro di lei, fu come un incendio che la consumava fino alle ossa.

Non ebbe tempo di riprendersi, perché subito un’altra donna entrò in scena. Alta, statuaria, con un corpo da dea e uno sguardo fiero: si chiamava Alessandra. Le porse un dildo doppio, nero, lungo e curvo. Erika lo prese tra le mani, stupita dal peso, e Alessandra le sorrise con malizia. Si sistemarono una di fronte all’altra, entrambe sedute sul bordo del tappeto, le gambe aperte e tremanti. Ognuna guidò l’estremità del sex toy nel proprio sesso umido. L’ingresso fu lento, profondo, e quando le loro bacche si toccarono, unite da quel legame carnale, un’ondata di puro godimento le investì contemporaneamente.
Si muovevano l’una contro l’altra, trovando un ritmo naturale, tribale. I seni che si sfioravano, i fianchi che spingevano in sincronia. Erika non riusciva a staccare gli occhi da Alessandra, ipnotizzata dal modo in cui gemeva piano, mordendosi il labbro e afferrandole i fianchi per tirarla ancora più vicino. Ogni sfregamento del dildo tra le pareti vaginali era una scarica elettrica, e quando Alessandra iniziò a tremare, Erika la seguì subito dopo, in un orgasmo condiviso che le fece urlare entrambe.

Attorno a loro, le altre donne le guardavano, alcune mentre si toccavano, altre che baciavano seni o leccavano clitoridi gonfi. Erika era il centro di un cerchio sacro di corpi e sguardi. Si accarezzava da sola, lentamente, un dito che disegnava spirali sul clitoride, mentre le labbra schiuse lasciavano uscire respiri corti e afosi. "Guardatemi," sussurrò. E lo fecero. Tutte. Gli occhi delle escort lesbiche erano su di lei, e lei godeva di quella venerazione come una dea nel suo tempio.

Quando venne di nuovo, fu più forte di prima. Il corpo si arcuò, i muscoli tesi, la bocca aperta in un grido muto. Un orgasmo così intenso che le sembrò di sciogliersi, di diventare liquida, luce, puro piacere.
Le ore successive furono un vortice: dita, lingue, corpi che si intrecciavano, baci rubati, risa soffocate. Erika perse il conto di quante donne aveva toccato, di quante volte aveva sentito la propria umidità mescolarsi a quella di altre. Era un’orgia senza tempo, in cui ogni donna era insieme amante, spettatrice e preda.

All’alba, mentre la luce filtrava dalle tende pesanti, Erika si alzò lentamente. Ogni parte del suo corpo sembrava ancora vibrante, dolente e viva. Le altre donne erano sparse ovunque: addormentate, abbracciate, nude e felici. Sofia e Giulia dormivano strette l’una all’altra, e lei si chinò a baciarle. Le loro labbra avevano il sapore della notte.
«Grazie», mormorò, rivestendosi lentamente. Ma dentro di sé sapeva che stava dicendo molto di più. Aveva trovato qualcosa che non sapeva nemmeno di cercare. Una verità.

Quando uscì dalla villa, il sole di Vicenza la illuminò in pieno viso. Erika camminava lentamente verso l’auto, il tailleur stropicciato, i capelli in disordine, ma un sorriso nuovo le increspava le labbra. Era tornata a essere sé stessa. O forse, finalmente, lo era diventata.


Il club del giovedì

Erano passate tre settimane da quella notte alla villa, eppure Erika non riusciva a smettere di pensarci. Ogni sera, chiudendo gli occhi nel letto coniugale, rivedeva le lingue, i corpi, il calore. Suo marito dormiva accanto a lei, ignaro di tutto, mentre lei si masturbava piano sotto le lenzuola, le dita veloci sul clitoride, immaginando di essere ancora lì, con Sofia e Giulia.
Un pomeriggio ricevette un messaggio da un numero sconosciuto.
“Ti è piaciuto? Vieni a giocare ancora. Solo per chi ha già aperto gli occhi. Giovedì, ore 22. Il Club. Vicenza, via riservata.”
Firmato solo con una “A”. Alessandra.

Il cuore di Erika accelerò. Le mani sudate, il respiro irregolare. Non rispose, ma quel giovedì si fece una doccia lenta, si depilò con cura, si infilò la lingerie più provocante che possedeva: reggiseno nero a mezza coppa e perizoma trasparente. Sopra, un cappotto lungo e stretto. Nient’altro. Neppure il reggiseno, alla fine. Doveva sentirsi libera. Nuda. Vera.
Arrivò al Club alle 21:58. Una porticina anonima, un campanello senza nome. Qualcuno aprì, e lei fu inghiottita dall’oscurità. Luci rosse, velluto, profumo di cuoio e pelle. Alessandra la stava aspettando, vestita con un body nero e stivali al ginocchio. Bellissima, più di quanto ricordasse. Le sorrise e senza dire una parola, le sfilò il cappotto. Le altre donne, già presenti nella sala, applaudirono piano.
Erika era completamente nuda sotto gli sguardi delle presenti.
Il club era un salotto segreto, frequentato solo da donne. Escort lesbiche, dominatrici, esploratrici del piacere. Non c'erano regole, se non una: nessuna finge, nessuna trattiene.

Alessandra la fece inginocchiare al centro della stanza.
«Mostra loro quanto sei cambiata, Erika.»
Le altre donne si avvicinarono a turno. Una le passò una piuma tra le gambe, accarezzandole il sesso che già pulsava di eccitazione. Un’altra le morse un capezzolo, poi lo leccò con dolcezza. Una terza si inginocchiò davanti a lei e le aprì le cosce con decisione. Erika spalancò le gambe, tremante, mentre la lingua di quella sconosciuta la penetrava in profondità, rapida, famelica. Una mano le afferrò i capelli e la costrinse a guardare. Un’altra donna si stava toccando davanti a lei, gemendo piano.
Erika era l’oggetto del desiderio. E le piaceva.
Poi Alessandra tornò in scena, con un piccolo frustino in mano. Non per colpirla, ma per accarezzarla. Passava la punta tra le labbra, poi sul ventre, poi lungo la fessura già lucida.
«Ti piace essere guardata, Erika?»
«Sì...» sussurrò lei, la voce spezzata dall’eccitazione.
«Allora voglio che ti tocchi. Lentamente. Davanti a tutte.»
Erika si sdraiò sul tappeto, le gambe larghe, le dita che cercavano il punto esatto. Le donne la osservavano, alcune accovacciate, altre nude, tutte in attesa. Cominciò a masturbarsi piano, con gesti lenti, sensuali, godendo del potere di quei sguardi. Quando sentì il primo orgasmo salire, chiuse gli occhi e lasciò andare un gemito lungo, profondo, un suono gutturale che fece fremere la stanza.
Non era finita.

Due escort le si sdraiarono accanto. Una le leccava i capezzoli con movimenti circolari, l’altra le baciava l’interno coscia. Alessandra prese un sex toy lungo e sottile, lo passò tra le sue labbra inferiori, poi lo inserì in profondità mentre Erika gemeva e si dimenava sotto i corpi femminili. Era completamente circondata. Succhiata, toccata, posseduta.
Le posizioni cambiavano, ma il piacere era continuo. Una cavalcata lenta sopra il viso di un’altra donna. Un dito nell’ano mentre le leccavano la figa. Una lingua nel clitoride mentre una donna la penetrava con due dita veloci. Le parole si erano sciolte. Solo suoni, respiri, piacere liquido e trasgressione.
All’improvviso le venne messa una benda sugli occhi. Alessandra le sussurrò:
«Adesso lasciati andare completamente.»

Al buio, ogni tocco era amplificato. Non sapeva più chi la stava toccando. Una lingua nella fessura, dita nelle labbra, mani sul seno, un dildo nella bocca. Il corpo tremava in un’estasi continua. Il piacere era ovunque, senza volto, senza nome. Ogni orgasmo si fondeva nel successivo.
Quando la benda venne tolta, Erika vide tutte le donne attorno a lei nude, accaldate, bagnate. Alcune si leccavano tra loro, altre si toccavano guardandola. Alessandra la baciò sulla bocca, a lungo, lentamente.
«Questa non è la fine. È solo l’inizio.»
Erika sorrise. Le labbra umide, le cosce tremanti, i capelli spettinati e il corpo segnato da morsi, succhi e dita.
Aveva attraversato una soglia.
Non c’era più ritorno.

Il Desiderio si sposta a Milano

Qualche giorno dopo la notte al Club, Erika trovò nella posta un biglietto avvolto in carta nera. Nessun mittente, solo un indirizzo e una data:
Milano. Venerdì sera. Palazzo Arditi. Dress code: nero integrale.
Sul retro, una frase scritta a mano: “Non è più un gioco. È il tuo destino.”
Non aveva mai preso un treno con quel tipo di brivido addosso. Non era ansia. Era fame.

Indossò un body trasparente in pizzo nero, autoreggenti e tacchi alti. Sopra, un soprabito in pelle stretta in vita. I capelli raccolti in uno chignon elegante, ma la bocca rossa raccontava già altre intenzioni.
Quando arrivò al Palazzo Arditi, fu accolta da due donne alte, vestite in latex lucido. L’ambiente era un misto tra arte decadente e lussuria privata: luci calde, musica elettronica bassa, pareti coperte da specchi, pelle e velluto. Non era un club. Era un teatro segreto del piacere, dove il pubblico partecipava alla scena.

La padrona di casa si fece presto riconoscere: Dalia, una mistress professionista, androgina e magnetica. Portava un corsetto in pelle nera, stivali a coscia e uno sguardo tagliente. La sua voce era un sussurro profondo che faceva tremare.
«Tu sei Erika. L’ho osservata. Sei pronta per essere guidata?»
Erika non rispose. Si inginocchiò. Lentamente. Il corpo che si tendeva in un’offerta muta.
Dalia le sorrise.
«Bene. Oggi il tuo corpo non ti appartiene. Ma sarà adorato.»
Fu portata in una sala riservata, con un tappeto nero al centro, candele attorno e tre donne nude già inginocchiate. Escort lesbiche, dalla pelle lucida di oli e occhi bassi. Dalia la fece spogliare lentamente.
«Voglio che ti guardino. Che vedano la tua fame.»
Poi le ordinò:
«Stenditi. A gambe larghe. Le mani dietro la testa. Voglio che tu sia esposta. Che tu sia nuda non solo nel corpo.»

Cominciò un gioco lento, calibrato, psicologico e sensuale.
Una delle escort si avvicinò e la penetrò con un dildo a ventosa, montato su una sedia. Erika dovette cavalcarlo davanti a tutte. Dalia la osservava, impassibile, mentre l’altra escort le mordeva i capezzoli e le sussurrava parole sporche nell’orecchio:
«Ti piace farti guardare, troia elegante?»
Un colpo secco del frustino le fece tendere i muscoli. Non era dolore. Era potere.
La dominazione era nella lentezza, nella scelta di ogni carezza, nel controllo assoluto.
Dalia le legò i polsi sopra la testa, poi ordinò alle escort di leccarla fino allo sfinimento. Le lingue si alternavano sul clitoride teso, mentre due dita le entravano nel culo e la facevano tremare. Erika gemeva, urlava, ansimava. Non sapeva nemmeno più in che lingua stesse parlando. Era tutta sesso, tutta umidità e respiro.
Quando venne, non lo fece una volta sola. Tre orgasmi. Di fila. Uno più violento dell’altro.

Il corpo completamente abbandonato. Le cosce lucide. Il trucco colato. La voce rotta. Gli occhi umidi. Non c’era più la commercialista composta. Solo una donna nuda, vera, viva.
Dalia si avvicinò e la prese per il mento.
«Hai toccato il fondo del tuo piacere. E ora sei pronta a volare.»
La baciò a lungo. Un bacio profondo, intenso, senza pietà.
Poi si voltò verso le altre donne.
«Questa notte non finisce. Ma non oggi scriveremo la fine. Perché questa donna tornerà. E sarà la mia. E la vostra.»

La mattina dopo, Erika si svegliò in un letto di seta, tra corpi femminili che respiravano piano. Milano era silenziosa fuori dalla finestra.
Si alzò nuda, attraversò il salone lentamente. Le lenzuola ancora calde, l’odore di sesso ovunque.
Sul tavolo, un biglietto.
“Il desiderio non ha fine. Noi siamo il tuo inizio. Ti aspettiamo. Sempre.”
Firmato: Sofia, Giulia, Alessandra, Dalia.
Erika sorrise. Il corpo ancora segnato, le cosce indolenzite, la mente libera.
Si guardò allo specchio. Era bellissima. Disordinata, vera.
Sapeva che non sarebbe finita lì.
Perché avevano creato un legame. Un cerchio erotico e profondo, dove ognuna di loro aveva trovato una parte nuova di sé. E si sarebbero riviste.
Perché il desiderio non va spiegato. Va vissuto.
E loro avevano solo cominciato.










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