A nudo tra le mura - Arezzo Trasgressiva

Nel cuore pulsante di Barletta, dove la storia si intreccia con il presente, Federica, guida turistica di ventinove anni, si preparava a una giornata come tante. I suoi occhi castani, caldi come il sole pugliese, si posavano con cura sui dettagli del Castello Svevo. Amava ogni pietra, ogni ombra che quelle mura antiche custodivano, e il suo sorriso timido sembrava schiudersi solo davanti a chi sapeva ascoltare il silenzio della storia.

Quella mattina, però, la sua routine venne interrotta dall’arrivo di Ludovica: trentatré anni, fascino deciso, una presenza che si muoveva come un’onda lenta e sicura. Lo sguardo di Ludovica aveva qualcosa di magnetico, e quando si presentò per un tour privato, Federica intuì che non sarebbe stato un incontro come gli altri.

Si trovarono all’ombra dei bastioni, dove il vento portava il profumo del mare. Ludovica, con un accenno di sorriso che sembrava promettere molto più di quanto le parole dicessero, si chinò verso di lei.
— Ho sentito che il castello custodisce un sotterraneo segreto… non incluso nel tour ufficiale. Potremmo vederlo, se ti va.

Federica sentì un brivido correre lungo la schiena. Non era solo curiosità storica: era un’attrazione sottile, inaspettata. Senza esitare, accettò.

Scivolarono lontano dalle sale affollate e dalle voci dei turisti, fino a una porta di legno antico, consumata dal tempo. La aprirono, e davanti a loro si rivelò una scalinata che scendeva verso le viscere del castello. La luce fioca delle torce sembrava danzare sulle pareti, e ogni passo le avvolgeva in un silenzio sempre più denso.

Quando raggiunsero il fondo, l’aria era intrisa di un’energia particolare, come se i secoli lì avessero raccolto e custodito segreti indicibili. Ludovica si avvicinò a Federica, sfiorandole appena la mano. Il tocco, breve ma intenzionale, fece accelerare il battito di Federica.
— Qui sotto — mormorò Ludovica, con una voce che era insieme carezza e sfida — siamo noi a scrivere la storia.

Un avvicinarsi lento, un respiro che si intrecciava all’altro. Le loro labbra si incontrarono, e fu un bacio profondo, che portava con sé dolcezza e una promessa di abbandono. La pietra fredda alle loro spalle contrastava con il calore che cresceva tra loro. Gli sguardi si facevano più lunghi, i sorrisi più intimi, e ogni gesto diventava un linguaggio nuovo, fatto di vicinanza, sfioramenti e pause cariche di significato.

In quell’angolo nascosto del sotterraneo, il tempo sembrava fermarsi. Le mani si intrecciavano come radici, gli occhi si cercavano, e la distanza tra loro diventava un ricordo. La luce tremolante disegnava ombre sulle pareti, come se anche il castello partecipasse a quell’incontro.

Non c’erano parole, solo un ritmo silenzioso che le avvicinava sempre di più, fino a farle sentire parte di qualcosa di più grande, un segreto che apparteneva solo a loro.

Quando infine risalirono le scale, il sole le accolse con la stessa luce di sempre, eppure per Federica ogni colore sembrava più vivo. Chiudendo la porta dietro di sé, sapeva che il castello custodiva ora un nuovo ricordo: un incontro nato tra le pietre antiche, destinato a vivere nei loro sguardi e nei loro silenzi.

Ludovica si allontanò con passo sicuro, e Federica rimase a guardarla, con un sorriso che era un misto di nostalgia e attesa. Aveva appena scoperto che la storia più intensa non si legge nei libri, ma si scrive con il cuore.
Passarono alcuni giorni, ma per Federica ogni momento sembrava riportarla a quel sotterraneo, al bacio rubato e ai sussurri di Ludovica. Non era solo il ricordo di un incontro, ma la sensazione di aver aperto una porta dentro di sé che non voleva richiudere.

Fu una sera d’autunno, quando il cielo di Barletta si tingeva di sfumature rosate e l’aria portava con sé il profumo salmastro del mare, che Ludovica ricomparve. Nessun preavviso, nessun messaggio: solo la sua figura, elegante e decisa, che avanzava verso Federica davanti al portone del Castello Svevo.

— Pensavo che avremmo avuto bisogno di un nuovo luogo da esplorare — disse, con quello stesso sorriso che sapeva mettere in subbuglio il cuore di Federica.

La portò lungo il lungomare, fino a una terrazza nascosta, dove le mura antiche si affacciavano direttamente sulle onde. La luce calante del giorno accarezzava i loro volti, e il rumore dell’acqua che si infrangeva sugli scogli diventava il loro sottofondo.

Federica si sentì come sospesa: lì, in quello spazio sospeso tra cielo e mare, le parole non servivano. Ludovica le si avvicinò, e ancora una volta fu il silenzio a parlare. Un bacio lento, profondo, carico di tutte le cose che non avevano osato dirsi.

Si sedettero vicine, avvolte da un’aria frizzante, lasciando che il mondo attorno svanisse. Le mani di Ludovica sfioravano quelle di Federica, stringendole piano, come per ancorarle in quell’istante. Lo sguardo di Ludovica era un invito, quello di Federica una risposta.

Restarono lì finché il sole non scomparve oltre l’orizzonte, lasciando dietro di sé un filo di luce arancione che sembrava voler benedire il loro incontro. Quando si alzarono, non c’era fretta di andare. Camminarono fianco a fianco, senza fare progetti, ma con la certezza silenziosa che si sarebbero ritrovate ancora.

Perché certi legami non hanno bisogno di promesse scritte: vivono nelle pieghe dei ricordi, nei sorrisi che tornano all’improvviso e negli sguardi che sanno ritrovarsi anche tra la folla.

E così, tra le mura antiche di Barletta e il respiro del mare, Federica e Ludovica continuarono a scrivere la loro storia: una storia fatta di attese e incontri, di silenzi eloquenti e momenti che, come pietre preziose, brillano per sempre nella memoria.

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