Il marinaio del porto - Arezzo Trasgressiva

Matteo si appoggiò al corrimano della barca, lasciando che il vento salmastro gli scompigliasse i capelli. Il porto di Livorno era un brusio lontano, un sottofondo vago che si mescolava con il fragore delle onde e il profumo del mare. Aveva passato l’intera giornata tra pitch e brainstorming, chiuso in una sala riunioni affacciata sul mare che sembrava irridere la sua prigionia. Ora, con il tramonto che tingeva di arancio il cielo e l’aria che sapeva di libertà, era finalmente solo. E soprattutto, desideroso di evasione.

Fu allora che lo vide.

Rocco si avvicinava con passo lento e deciso. La pelle era ambrata dal sole, il fisico asciutto e potente di chi il mare lo vive. Un corpo da desiderare e da guardare in silenzio, come una scultura che profuma di sesso e pelle salata. Matteo sapeva bene chi fosse: un escort. Uno dei più richiesti a Livorno, dicevano. Ma quegli occhi non mentivano — promettevano molto più di un servizio: promettevano perdizione.

«Buonasera,» disse Rocco, con un mezzo sorriso che era più potente di una carezza. «Sei qui da solo?»

Matteo annuì, mentre un brivido di desiderio gli risaliva la schiena. «Sì. Solo per stasera.»

Rocco si avvicinò ancora, i fianchi a pochi centimetri dai suoi. Profumava di salsedine e pelle calda, un afrodisiaco perfetto. «E se ti dicessi che posso farti dimenticare ogni pensiero? Se ti dicessi che posso farti sentire vivo come non ti sei mai sentito?»

Quelle parole lo colpirono come dita esperte sulla pelle nuda. Matteo lo guardò, sentendo le ultime resistenze sciogliersi sotto il peso di quel sorriso sicuro, sfrontato e terribilmente seducente.

«E come pensi di riuscirci?» sussurrò, la voce già incrinata da un desiderio crescente.

Rocco sorrise, e in quel sorriso c’era la promessa di un peccato senza ritorno. «Lascia che te lo mostri.»

Con un gesto naturale, quasi impercettibile, la mano di Rocco scivolò sotto il bordo della camicia di lino di Matteo, poi più in basso, fino a trovare il rigonfiamento evidente nei pantaloni. Lo toccò con padronanza, come se lo conoscesse da sempre, facendolo fremere al primo contatto. Le dita si muovevano lente, sicure, abituate a dare piacere, mentre i loro corpi si avvicinavano fino a sfiorarsi.

«Guarda le onde,» mormorò all’orecchio, «lascia che ti portino via.»

Matteo fissò l’orizzonte, i muscoli tesi e il respiro già rotto. Rocco continuava a masturbargli il cazzo con calma crudele, stringendo e accarezzando con sapienza. Ogni movimento lo faceva gemere a labbra strette, il corpo teso in un misto di vergogna e abbandono.

«Non puoi immaginare quanto sei bello quando ti lasci andare,» sussurrò Rocco, sfiorandogli il lobo dell’orecchio con le labbra.

Il ritmo aumentava. Matteo sentiva crescere dentro di sé un’onda che stava per esplodere. Con un gemito sommesso, incastrato tra piacere e pudore, venne sulla mano dell’escort, tremando mentre l’orgasmo lo attraversava come un fulmine.

Rocco lo guardò con occhi scuri, soddisfatti. «Vieni,» disse con voce roca. «Non è finita. Voglio sentirti sotto le stelle.»

Lo prese per mano, conducendolo sul ponte superiore della barca. Si spogliarono lentamente, osservandosi con desiderio puro. Matteo ammirò ogni centimetro del corpo dell’uomo: spalle larghe, pettorali scolpiti, addominali definiti. Ma fu il cazzo eretto di Rocco a catturargli lo sguardo: grosso, perfetto, pulsante, come tutto in lui.

Sdraiati nudi sul legno tiepido, si cercarono con le mani e con la lingua. Rocco esplorava Matteo con una lussuria sapiente, leccando e succhiando i capezzoli, baciando la pancia, arrivando a prendergli il cazzo tra le labbra con una bravura che levava il fiato. Matteo si lasciava fare, aperto, nudo, completamente sottomesso a quel piacere travolgente.

«Sei pronto per me?» chiese Rocco, mentre gli baciava l’interno coscia.

Matteo ansimò. «Sì... voglio sentirti dentro.»

Rocco lo sollevò, lo girò, e lo prese in piedi, spingendolo contro il corrimano. Matteo strinse i denti mentre lo sentiva entrare, grande, duro, profondo. Il dolore fu breve, subito inghiottito da un piacere feroce. Rocco lo scopava con forza controllata, muovendosi con un ritmo che alternava lente spinte profonde a colpi violenti che gli facevano gemere il nome.

«Così... sì... cazzo...» rantolava Matteo, mentre il cazzo di Rocco gli scivolava dentro come una tempesta.

Le mani forti dell’escort gli stringevano i fianchi, i respiri affannati si mescolavano al rumore delle onde e ai gemiti che si perdevano nel vento. Erano due corpi fusi in uno, in quella barca che sembrava isolata dal mondo, tra le luci lontane del porto e il mare che li avvolgeva come un complice.

«Voglio che tu ti ricorda di questa notte,» ringhiò Rocco, ansimando contro la sua nuca. «Di come ti ho fatto mio.»

Un’ultima spinta, e venne dentro di lui, caldo, profondo, gemendo il suo nome mentre si lasciava andare.

Rimasero così, abbracciati sul ponte, la pelle sudata che si toccava, il respiro che si calmava poco a poco. La luna sopra di loro brillava bianca, testimone silenziosa di un piacere assoluto.

Dopo un tempo indefinito, Rocco si sollevò, accarezzando il volto di Matteo con dolcezza inaspettata. «Credo che tu abbia trovato quello che cercavi stasera.»

Matteo sorrise, esausto ma felice. «Sì. E molto di più.»

Un bacio lento sulla fronte, poi il silenzio del mare a cullarli ancora un attimo.

Quando Rocco si allontanò, Matteo sentì di aver vissuto qualcosa che non era solo sesso, non solo un incontro con un escort a Livorno. Era stato uno sblocco. Una rivelazione. Il piacere come libertà, come identità, come verità.

Con un sorriso soddisfatto, si voltò verso il mare. Ora sapeva. La vita era troppo breve per non cedere alle proprie fantasie.

E lui era pronto a viverle tutte.


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