- Pubblicata il 07/08/2025
- Autore: Claudio
- Categoria: Racconti erotici etero
- Pubblicata il 07/08/2025
- Autore: Claudio
- Categoria: Racconti erotici etero
L'ora pagata - Arezzo Trasgressiva
Claudio, con le mani curate adagiate sulle cosce, osservava la città di Pisa scorrere veloce fuori dal finestrino dell’auto. Era un uomo di trentanove anni, un manager di successo che aveva sempre avuto tutto sotto controllo: nel lavoro, nei rapporti sociali, persino nella vita privata. Viveva secondo una disciplina ferrea, guidato da obiettivi, scadenze, risultati. Ma oggi, quel controllo era messo alla prova. Oggi aveva scelto di lasciarsi andare.
Aveva deciso di concedersi un’ora di piacere puro. Nessun impegno, nessun legame, nessuna parola superflua. Solo sesso. Un’ora di libertà assoluta. E Greta, l’escort pisana che aveva scelto, era l’incarnazione perfetta della trasgressione che desiderava. Aveva visto il suo profilo online per caso, ma c’era qualcosa nei suoi occhi, nel modo in cui sorrideva all’obiettivo, che lo aveva colpito in profondità.
Greta aveva ventisette anni, capelli biondi che incorniciavano un viso magnetico e uno sguardo che non lasciava spazio ai fraintendimenti. Era una donna sicura, diretta, con una lingua tagliente che sapeva usare tanto bene quanto il suo corpo. Quando Claudio arrivò all’appuntamento, fu accolto dalla sua risata: un suono caldo, selvatico, che prometteva peccato e divertimento.
«Allora, Claudio...» cominciò lei, il suo sorriso accattivante che già lo disarmava. «Sei pronto per quello che ho in serbo per te?»
Claudio annuì, il suo solito aplomb incrinato da un brivido di anticipazione. «Sono qui per te, Greta. Fai quello che vuoi.»
E lei lo fece. Senza esitazione.
Lo prese per mano e lo guidò all’interno della stanza con la sicurezza di chi conosce ogni centimetro del proprio regno. Le sue mani esperte si insinuarono sotto la camicia, sfiorando la pelle con intenzione. Slacciò la cintura con una destrezza che avrebbe fatto impallidire i suoi collaboratori più capaci. Ogni gesto era preciso, sensuale, carico di una forza che non ammetteva resistenza.
Lo spinse sul letto con una dolce violenza, i suoi occhi che brillavano di una luce dominatrice. I vestiti caddero a terra come foglie d’autunno, strappati dalla sua impazienza. Claudio si sentiva esposto, vulnerabile… e potente allo stesso tempo.
«Oggi comando io,» disse lei, togliendosi la gonna con lentezza, rivelando un paio di mutandine che lasciavano ben poco all’immaginazione. I suoi fianchi si muovevano con grazia felina, e Claudio sentì il respiro accelerare, il suo controllo iniziare a vacillare.
Greta lo raggiunse, salendogli addosso con sicurezza. I suoi capelli biondi gli sfioravano il viso mentre lo cavalcava, muovendo i fianchi al ritmo di una danza primordiale. Lo afferrò per i capelli, tirando con decisione, dominandolo senza alcuna esitazione. Claudio non era più un manager di successo: era un corpo, uno strumento, una preda.
«Leccami,» ordinò lei, guidando la sua testa verso il seno. «Lì. E poi giù, più giù.»
Lui obbedì, lasciandosi condurre in un viaggio di sapori e sensazioni. La sua lingua seguì le curve del suo corpo, esplorando la pelle calda, assaporando la sua essenza. Greta lo dirigeva con parole precise, dita sicure, respiri che diventavano gemiti.
«Fottimi con la lingua,» sussurrò all’orecchio, e Claudio si immerse tra le sue gambe, leccando e succhiando con devozione, sentendo il suo corpo tremare sotto di lui.
Ma Greta non era ancora sazia. Si voltò, offrendogli la vista ipnotica del suo fondoschiena. «Prendimi qui,» disse, indicando l’entrata più proibita, quella che prometteva sottomissione e dominio assoluto.
Claudio, ormai al limite, si avvicinò, spingendo lentamente, sentendo la tensione e la resistenza cedere sotto la pressione del desiderio. Greta gemeva forte, spingendosi indietro, chiedendo più forza, più ritmo, più piacere.
«Sei il mio schiavo del sesso,» gli sibilò, e lui, senza pensare, annuì, completamente sottomesso alla sua volontà, intrappolato nel vortice sensuale che lei aveva creato.
Con movimenti lenti, sapienti, Greta lo portò al limite. Le sue parole erano fuoco, le sue mani artigli, il suo corpo un tempio profano.
«Vieni per me, Claudio. Sono la tua puttana, la tua regina… e tu sei il mio servo.»
Quelle parole furono la scintilla. Claudio esplose con un gemito animalesco, il corpo scosso da onde di piacere incontenibile. Greta lo seguì poco dopo, un urlo che sembrava una liberazione. I loro corpi si contorsero all’unisono, in un orgasmo che li unì in un attimo eterno.
Crollarono insieme, sudati, esausti, appagati.
Il silenzio che seguì non fu imbarazzante, ma denso di respiri lenti e battiti accelerati. Claudio rimase disteso, fissando il soffitto, mentre la realtà cominciava a riaffiorare come una marea lenta e inarrestabile.
Quella che aveva pagato per essere un’ora di sesso senza complicazioni si era trasformata in qualcosa di più. Non era solo desiderio. Era ossessione. Greta era un fuoco che bruciava sotto la pelle.
«Sei incredibile,» mormorò, finalmente, trovando la voce.
Greta rise, quella risata inconfondibile, piena di sicurezza e ironia. «Lo so, amore. E tu sei stato un bravo ragazzo. Ma ricorda… questa era solo un’ora. Non dimenticare il nostro accordo.»
Claudio si rivestì lentamente, come se ogni gesto fosse più difficile del precedente. Sapeva che stava tornando alla realtà, al suo mondo fatto di decisioni, strategie, formalità. Ma qualcosa dentro di lui era cambiato.
«Potrei… potrei rivederti?» chiese, la voce tremante, quasi supplichevole.
Greta si alzò con grazia, avvolgendosi in una vestaglia di seta nera. Si avvicinò a lui, gli prese il viso tra le mani e gli baciò la fronte.
«Forse, Claudio. Ma ricordati una cosa: io sono il fuoco che brucia, non il focolare domestico. Se tornerai, sarà perché non puoi resistere al calore.»
Con quelle parole, aprì la porta. Claudio uscì, portandosi dietro l’eco del suo profumo, il segno dei suoi graffi, la memoria di quella risata.
Camminò per le strade di Pisa, mentre il sole cominciava a calare e la città si colorava di riflessi arancioni. Ma dentro di lui, non c’era quiete. C’era solo Greta.
Sapeva che non sarebbe riuscito a dimenticarla. Sapeva che avrebbe cercato di tornare. Perché in quell’ora rubata alla sua vita ordinaria, aveva scoperto un lato di sé che non conosceva. E quella donna, con i suoi occhi sicuri e le sue parole taglienti, era l’unica che avesse saputo accenderlo così.
Era entrato per vivere un’ora. Ma uscendo, capì di essere stato segnato per molto più a lungo.
Passarono tre giorni. Tre giorni lunghi, lenti, pieni di tentativi di distrazione falliti. Claudio aveva provato a tuffarsi nel lavoro, ad aumentare il numero delle riunioni, a trascorrere più tempo in palestra. Ma tutto sembrava inutile. Ogni gesto, ogni pensiero, ogni attimo libero era occupato da un’unica figura: Greta.
Rivedeva la curva dei suoi fianchi, il suono della sua voce, la forza con cui l’aveva dominato. Era come un veleno dolce che non voleva espellere. Un’ossessione che gli faceva battere il cuore, ma anche tremare le mani.
Alla fine, cedette.
Scrisse un messaggio semplice, diretto, come lei avrebbe voluto:
“Greta, ho bisogno di te. Quando posso vederti?”
La risposta arrivò un’ora dopo:
“Domani. Stessa ora. Ma stavolta portami una bottiglia di vino rosso. Lo verserai dove voglio io.”
Claudio sorrise, nervoso. C’era un brivido, una vertigine nel sapere di tornare. Non era più solo desiderio. Era necessità.
Quando arrivò all’appartamento, Greta lo stava già aspettando. Indossava solo una camicia bianca, leggermente trasparente, e nulla sotto. I capelli raccolti in uno chignon disordinato e gli occhi truccati con cura.
«Hai portato il vino?» chiese, senza salutarlo.
Claudio sollevò la bottiglia. Greta la prese senza dire una parola, lo fece entrare e chiuse la porta con un gesto secco. Poi si versò un bicchiere, bevve un sorso, e lo baciò. Un bacio profondo, caldo, languido. Un bacio che toglieva l’aria.
«Stavolta voglio che ti ricordi ogni dettaglio,» sussurrò, spingendolo verso il letto. «Perché sarà l’ultima.»
Quelle parole gli trafissero il petto. Ma prima che potesse reagire, lei lo fece sdraiare, e la sua lingua iniziò a tracciargli il corpo come una penna su un foglio.
Versò un filo di vino sul suo petto, poi lo leccò lentamente, seguendo il percorso rosso come fosse sangue nobile. Ogni centimetro era un gioco di calore, freddo e sapore.
«Non parlerai,» disse. «Oggi userai solo la bocca per altre cose.»
E lui obbedì.
Greta lo montò di nuovo, ma stavolta fu diverso. Non era solo sesso. Era un addio travestito da apice di piacere. Ogni gesto era calibrato per restare impresso. Ogni respiro diventava memoria.
Lo fece venire due volte, lo fece tremare, sudare, supplicare. Poi si alzò, accese una sigaretta e lo guardò.
«Non chiamarmi più, Claudio.»
Lui si mise seduto, il cuore che batteva forte, la bocca aperta per rispondere. Ma lei alzò una mano.
«Tu volevi solo un’ora. L’hai avuta. Poi sei tornato. Ma io non sono un sogno da rincorrere. Sono un incendio. E tu sei troppo abituato alle stanze d’hotel climatizzate.»
Claudio si alzò in silenzio, lentamente. Si rivestì senza dire una parola. Guardava Greta come si guarda un’opera d’arte che non si può toccare.
Sulla porta, si voltò. «Non voglio dimenticarti.»
Greta sorrise, accavallando le gambe con eleganza. «Non lo farai. Ma ricordati: chi tocca il fuoco, porta il segno. Sempre.»
Claudio uscì. Le strade di Pisa gli sembravano diverse, come se tutto avesse perso colore.
Ma nel petto gli bruciava ancora qualcosa.
Il ricordo di Greta.
Il vino sulla pelle.
Il potere di sentirsi nudo, senza armature.
Il desiderio di tornare indietro, anche se sapeva che non sarebbe bastato.
Quella non era stata solo un’ora. Era stata una resa. E ora, ogni notte, Claudio avrebbe chiuso gli occhi non per dormire, ma per cercare di rivederla ancora, almeno in sogno.
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