- Pubblicata il 17/06/2025
- Autore: Vagner
- Categoria: Racconti erotici etero
- Pubblicata il 17/06/2025
- Autore: Vagner
- Categoria: Racconti erotici etero
L'attesa dell'alba - Arezzo Trasgressiva
L’ultima luce di Genova
L'aria salmastra della notte genovese avvolgeva la terrazza dove Enrico si trovava, il suo sguardo perso tra le onde del mare che si infrangevano contro la costa. Il vento leggero accarezzava la pelle come dita invisibili, portando con sé il profumo di salsedine e di qualcosa di più: la possibilità di una notte diversa, inattesa.
Enrico era un uomo di quarantasette anni, con il volto segnato da mille tramonti vissuti e catturati in giro per il mondo. Fotografo di paesaggi e anime, aveva imparato a leggere i silenzi e i contrasti della vita, ma non era preparato a ciò che stava per entrare nella sua notte.
Elisa emerse dalla penombra dell’appartamento come un sogno che si materializza. La sua figura era avvolta in una vestaglia di seta color perla, morbida e fluente, che si muoveva come onde leggere ad ogni suo passo. I suoi occhi, di un blu profondo e pieno di malinconia, si posarono su di lui, accendendo qualcosa che Enrico non provava da tempo.
"Sei bellissima, Elisa," mormorò, con voce roca. Si avvicinò a lei, quasi temendo che fosse un miraggio destinato a svanire.
La vestaglia scivolò lenta, come in un rituale. Rimase nuda, ma senza vergogna. La sua pelle sembrava accesa da una luce propria, e i suoi capezzoli turgidi si tendevano verso di lui come petali nel vento.
Enrico le sfiorò le braccia, poi il ventre, poi salì fino al viso. La sua carezza era esitante ma piena di desiderio. Elisa gli prese la mano e la posò sul proprio seno, guidandolo, incoraggiandolo. I loro respiri si mescolarono, diventando lenti, profondi, carichi di tensione.
Lei lo baciò sul collo, poi sul petto, mentre le sue mani si muovevano sicure verso i pantaloni. Li aprì con pazienza, facendo scivolare la zip con una lentezza esasperante. Estrasse il suo sesso ormai rigido e iniziò a masturbarlo con una dolcezza esperta. Ogni movimento era calibrato, sensuale, un massaggio che accendeva ogni fibra del corpo di Enrico.
"Fanculo, Elisa…" ansimò lui, con la fronte appoggiata alla sua. "Non ho mai voluto nessuno come voglio te."
Lei sorrise, un sorriso che era un invito e una promessa. "Allora prendimi," sussurrò. "Non trattenerti. Fammi tua."
Si baciarono con furia, e poi si lasciarono cadere sul divano, dove le lenzuola arruffate erano ancora tiepide di attesa. Enrico la penetrò con calma, sentendo la sua figa calda e stretta avvolgerlo come un velluto liquido. Elisa gemette piano, accogliendolo con un respiro spezzato.
I loro corpi si incastravano alla perfezione, come se fossero stati creati per trovarsi solo in quel preciso istante. Si muovevano lentamente, poi più veloci, poi ancora lenti, in un’onda continua che li faceva salire e scendere dal piacere senza mai voler fermarsi.
Le mani di lei esploravano la schiena di lui, le unghie lasciavano solchi impercettibili sulla sua pelle. I suoi gemiti diventavano sempre più profondi, più gutturali. "Enrico… sei dentro di me come nessun altro prima…" sussurrava.
Lui la guardava negli occhi mentre la scopava con forza crescente, poi si fermava e la baciava con la dolcezza di un uomo che non vuole solo godere, ma connettersi. La ribaltò, facendola inginocchiare sul divano, e le accarezzò i fianchi mentre la prendeva da dietro, guardando la sua schiena arcuata, i capelli sparsi sulle spalle, il ritmo perfetto delle sue anche che si muovevano al passo del suo desiderio.
Ogni colpo era una confessione. Ogni spinta, una dichiarazione.
Quando sentirono l’orgasmo arrivare, fu un’esplosione che li unì completamente. Enrico venne dentro di lei con un grido sordo, stringendola forte, mentre Elisa si irrigidiva e poi tremava, i muscoli della vagina che si contraevano a ondate, in un’estasi condivisa.
Rimasero così, uniti, avvolti dal silenzio della notte e dal fruscio del mare in lontananza.
Poi venne il tempo dei baci lenti, delle carezze che volevano prolungare quel legame appena nato. Si stesero sul tappeto, con le gambe intrecciate, e parlarono a bassa voce. Della vita. Dei sogni. Dei fallimenti. Enrico le raccontò di un deserto africano dove aveva visto il cielo più stellato della sua vita, ed Elisa gli parlò di un tramonto sulla Costiera Amalfitana, dove per un attimo aveva creduto di poter essere felice davvero.
Si addormentarono nudi, tra cuscini e lenzuola, con i corpi stanchi ma appagati, e i cuori stranamente leggeri.
Al mattino, Enrico si svegliò prima di lei. La osservò dormire, con un’espressione serena che non le aveva mai visto prima. Prese la macchina fotografica e scattò. Un solo clic. Ma quello scatto conteneva tutto: bellezza, verità, intimità. Era la foto più importante della sua carriera.
Mentre si rivestiva, con movimenti lenti e silenziosi, la guardò ancora una volta. Il sole filtrava tra le persiane, dorando il suo corpo come un’opera d’arte.
Stava per andarsene, quando Elisa aprì un occhio. "Vai via?"
"Devo," rispose lui. "Ma torno. Lo prometto."
Lei sorrise con dolcezza. "Allora ti aspetterò. Il mio fotografo vagabondo…"
E mentre Enrico chiudeva la porta alle sue spalle, portando con sé il ricordo della notte più intensa della sua vita, capì che non aveva semplicemente incontrato una donna: aveva incrociato un’anima che gli aveva mostrato la bellezza di lasciarsi andare.
Passarono due settimane.
Enrico aveva lasciato Genova per lavoro, ma ogni fotografia che scattava gli sembrava incompleta. I tramonti che amava tanto, le dune rosse, i cieli violacei della costa marocchina... Tutto sembrava sbiadito, come se un velo avesse ricoperto i suoi occhi. Ogni volto che incontrava gli ricordava Elisa, e ogni sera si ritrovava a toccare la fotografia stampata in fretta prima di partire: lei, addormentata, le lenzuola che le scoprivano appena una spalla e il seno, i capelli sparsi sul cuscino.
Tornò a Genova senza preavviso. Il treno lo lasciò in stazione alle nove di sera. Salì verso il quartiere collinare dove lei viveva, il cuore che batteva come se fosse un ragazzino. Davanti alla porta dell’appartamento esitò un attimo, poi bussò.
Aprì Elisa, scalza, con una maglietta lunga e i capelli spettinati.
«Enrico…»
Non disse altro. Gli si gettò tra le braccia, come se quelle due settimane fossero state un’eternità. Si baciarono sulla soglia, con un’urgenza nuova, diversa dalla prima volta. Questa volta c’era attesa, desiderio accumulato, ma anche qualcosa di tenero, di inevitabile.
«Pensavo che non saresti più tornato», sussurrò, con la voce incrinata.
«E invece non ho fatto altro che pensare a te.»
Chiusero la porta alle loro spalle e si baciarono di nuovo, più a fondo. Enrico la prese per la vita, la sollevò e la portò in soggiorno. Lei si aggrappò a lui, le gambe attorno alla sua vita, la bocca assetata. I baci si fecero più affamati, i vestiti iniziarono a cadere uno dopo l’altro.
La maglietta volò via, rivelando il corpo di Elisa ancora più bello nei ricordi. Le sue curve sembravano disegnate dalla notte stessa, con il chiaroscuro perfetto che Enrico conosceva ormai a memoria. La posò sul tavolo della cucina, senza smettere di baciarla. Le mani si muovevano febbrili: lui la accarezzava ovunque, la stringeva come se volesse fonderla con sé.
Elisa gemette mentre lui le baciava il collo, poi le spalle, poi il petto. La sua lingua tracciava percorsi di desiderio sulla pelle.
«Hai idea di quanto ti ho desiderata?» le sussurrò, la voce graffiata dalla fame.
«Allora dimostralo», lo provocò, aprendosi davanti a lui.
Senza dir nulla, Enrico si inginocchiò tra le sue gambe e iniziò a baciarla, piano, con rispetto e passione. Le sue labbra scivolavano lungo le cosce, poi tra di esse, assaporandola. Elisa si contorse, i respiri sempre più rapidi, le mani tra i capelli di lui. «Sì… così…» mormorava, i fianchi che si sollevavano per andargli incontro.
Quando lei raggiunse l’orgasmo, si irrigidì e poi tremò, lasciandosi andare con un lungo gemito, le gambe che lo stringevano forte.
Enrico si rialzò, il viso bagnato, il desiderio nei suoi occhi più vivo che mai. Elisa gli sbottonò i pantaloni e lo fece accomodare sul divano, salendo sopra di lui. Si calò lentamente sul suo sesso, godendo di ogni istante della penetrazione. Enrico affondò le dita nei suoi fianchi, la guardò muoversi con grazia e fame, la sentì stringersi attorno a lui come se lo volesse risucchiare.
Era più di sesso. Era una danza. Una dichiarazione. Ogni movimento era un “ti voglio”, ogni ansimare un “mi manchi”.
Si amarono a lungo, in tutte le posizioni che i loro corpi potevano inventare. Sulla sedia, contro il muro, sdraiati sul tappeto, sotto la finestra aperta dove entrava l’aria della notte. Ogni volta era diversa. Ogni volta era più profonda.
Quando finalmente si abbandonarono stremati l’uno accanto all’altra, non ci fu bisogno di parole. Elisa gli accarezzò il petto, la guancia posata sul suo braccio.
«Non sei come gli altri», disse, dopo un lungo silenzio.
«E tu non sei solo una bellissima donna, Elisa. Sei molto di più. Ma non te lo dirò ora. Lo scoprirai ogni volta che tornerò.»
Lei chiuse gli occhi e sorrise. «Allora spero che tornerai spesso.»
Enrico rise piano, poi la baciò sulla fronte.
Quella notte dormirono stretti, sognando l’uno l’altra.
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