- Pubblicata il 12/08/2025
- Autore: Marco
- Categoria: Racconti erotici etero
- Pubblicata il 12/08/2025
- Autore: Marco
- Categoria: Racconti erotici etero
L'ascensore panoramico - Arezzo Trasgressiva
Marco era fermo davanti all’ascensore di vetro, il riflesso gli restituiva un uomo alto, spalle larghe, corpo scolpito da anni di palestra. Sembrava sicuro di sé, ma dentro aveva un battito accelerato, un’eccitazione viscerale che gli montava tra le gambe. Lì dentro, ad aspettarlo, c’era Eva: escort milanese dal corpo peccaminoso e dalla lingua che sapeva esattamente come far impazzire un uomo.
La vide appena le porte si aprirono: 34 anni di esperienza incastonati in curve mozzafiato, seno alto e pieno che spingeva contro un abito aderente, fianchi generosi e gambe lunghe fasciate in calze autoreggenti. Sotto quel vestito, lo sapeva, non c’era nulla a fermare la sua immaginazione. Eva gli sorrise, uno di quei sorrisi che promettono peccati e dolori dolci.
L’ascensore partì, la città di Gallarate cominciò a scorrere sotto di loro. Eva abbassò lentamente lo sguardo verso il gonfiore evidente nei suoi pantaloni. Senza chiedere, gli si avvicinò, si inginocchiò e con dita esperte lo liberò. Il cazzo di Marco, già duro e pulsante, balzò fuori, venendo accolto da un respiro caldo e da un colpo di lingua lento e umido.
«Cristo…» gemette Marco, mentre lei iniziava a succhiarglielo con movimenti lenti, profondi, alternando la punta e la base, le labbra che lo strizzavano mentre la lingua gli accarezzava ogni vena. Una mano lo teneva stretto alla radice, l’altra gli massaggiava i testicoli con precisione. Ogni volta che la bocca scendeva fino a ingoiarlo tutto, lui sentiva il calore stringersi e il respiro farsi corto.
Le sue mani si aggrappavano al vetro freddo, la vista della città ormai un mosaico sfocato dietro la figura inginocchiata dell’escort. Il rumore bagnato della sua bocca e i gemiti soffocati di lui si mescolavano al ronzio dei cavi. Eva aumentò il ritmo, glielo succhiò come se volesse svuotarlo fino all’ultima goccia, e Marco non resistette: con un grido rauco le venne in gola, sentendo la sua bocca che continuava a stringere e succhiare finché non lo ebbe bevuto tutto.
Non le diede tempo di rialzarsi: la tirò su, la girò e la spinse con le spalle contro il vetro. Sollevandole una coscia, infilò la mano sotto il vestito, trovando la sua figa calda e già bagnata. Eva ansimò, e prima che potesse dire una parola lui era già dentro, affondando con una spinta violenta che le fece piegare la schiena.
Il vetro vibrava a ogni colpo, le luci di Gallarate brillavano sotto i loro corpi che si muovevano in sincrono. Marco la scopava con colpi lunghi e decisi, tenendola per i fianchi e tirandola a sé, mentre lei gemeva forte, senza preoccuparsi se qualcuno li sentiva. Il suo sesso lo stringeva con contrazioni veloci, succhiandolo dentro a ogni affondo.
«Sì, così… più forte,» ansimò Eva, graffiandogli le spalle. Marco obbedì, accelerando fino a farle perdere il respiro. Lei venne per prima, il corpo che tremava e i muscoli che lo catturavano in una morsa calda e umida. Marco la seguì un attimo dopo, affondando fino in fondo e riempiendola di nuovo, mentre lei lo stringeva a sé con le gambe, trattenendolo dentro.
Rimasero incollati, sudati e ansimanti, mentre il mondo sotto di loro continuava a scorrere ignaro. Quando l’ascensore si fermò, Eva si ricompose, il vestito che scivolava di nuovo sulle sue cosce nude.
«La prossima volta… voglio che mi scopi sul tetto,» sussurrò, con un ghigno sporco.
Marco sorrise, ancora con il sapore di lei sulla lingua e la durezza che minacciava di tornare. «Sul tetto… e fino all’alba.»
Marco era fermo davanti all’ascensore di vetro, il riflesso gli restituiva un uomo alto, spalle larghe, corpo scolpito da anni di palestra. Sembrava sicuro di sé, ma dentro aveva un battito accelerato, un’eccitazione viscerale che gli montava tra le gambe. Lì dentro, ad aspettarlo, c’era Eva: escort milanese dal corpo peccaminoso e dalla lingua che sapeva esattamente come far impazzire un uomo.
La vide appena le porte si aprirono: 34 anni di esperienza incastonati in curve mozzafiato, seno alto e pieno che spingeva contro un abito aderente, fianchi generosi e gambe lunghe fasciate in calze autoreggenti. Sotto quel vestito, lo sapeva, non c’era nulla a fermare la sua immaginazione. Eva gli sorrise, uno di quei sorrisi che promettono peccati e dolori dolci.
L’ascensore partì, la città di Gallarate cominciò a scorrere sotto di loro. Eva abbassò lentamente lo sguardo verso il gonfiore evidente nei suoi pantaloni. Senza chiedere, gli si avvicinò, si inginocchiò e con dita esperte lo liberò. Il cazzo di Marco, già duro e pulsante, balzò fuori, venendo accolto da un respiro caldo e da un colpo di lingua lento e umido.
«Cristo…» gemette Marco, mentre lei iniziava a succhiarglielo con movimenti lenti, profondi, alternando la punta e la base, le labbra che lo strizzavano mentre la lingua gli accarezzava ogni vena. Una mano lo teneva stretto alla radice, l’altra gli massaggiava i testicoli con precisione. Ogni volta che la bocca scendeva fino a ingoiarlo tutto, lui sentiva il calore stringersi e il respiro farsi corto.
Le sue mani si aggrappavano al vetro freddo, la vista della città ormai un mosaico sfocato dietro la figura inginocchiata dell’escort. Il rumore bagnato della sua bocca e i gemiti soffocati di lui si mescolavano al ronzio dei cavi. Eva aumentò il ritmo, glielo succhiò come se volesse svuotarlo fino all’ultima goccia, e Marco non resistette: con un grido rauco le venne in gola, sentendo la sua bocca che continuava a stringere e succhiare finché non lo ebbe bevuto tutto.
Non le diede tempo di rialzarsi: la tirò su, la girò e la spinse con le spalle contro il vetro. Sollevandole una coscia, infilò la mano sotto il vestito, trovando la sua figa calda e già bagnata. Eva ansimò, e prima che potesse dire una parola lui era già dentro, affondando con una spinta violenta che le fece piegare la schiena.
Il vetro vibrava a ogni colpo, le luci di Gallarate brillavano sotto i loro corpi che si muovevano in sincrono. Marco la scopava con colpi lunghi e decisi, tenendola per i fianchi e tirandola a sé, mentre lei gemeva forte, senza preoccuparsi se qualcuno li sentiva. Il suo sesso lo stringeva con contrazioni veloci, succhiandolo dentro a ogni affondo.
«Sì, così… più forte,» ansimò Eva, graffiandogli le spalle. Marco obbedì, accelerando fino a farle perdere il respiro. Lei venne per prima, il corpo che tremava e i muscoli che lo catturavano in una morsa calda e umida. Marco la seguì un attimo dopo, affondando fino in fondo e riempiendola di nuovo, mentre lei lo stringeva a sé con le gambe, trattenendolo dentro.
Rimasero incollati, sudati e ansimanti, mentre il mondo sotto di loro continuava a scorrere ignaro. Quando l’ascensore si fermò al dodicesimo piano, si ricomposero solo quel tanto da non farsi notare. Ma non c’era nessuno. Marco le prese la mano e, senza dire nulla, la trascinò lungo il corridoio fino alla porta della suite che aveva prenotato.
Appena entrati, la spinse contro il muro e la baciò con foga. Le mani le strapparono via l’abito, facendolo scivolare ai piedi. Eva restò in reggicalze e tacchi, il corpo nudo e teso. Marco la fece girare, la piegò in avanti e le infilò due dita dentro, sentendo subito il calore e il bagnato che lo fecero ringhiare di desiderio. Lei gemette e si aggrappò alla parete, aprendosi di più.
Lo prese di nuovo in bocca per pochi istanti, giusto il tempo di sentirlo indurirsi ancora, poi lui la fece inginocchiare sul tappeto. Glielo diede in faccia con colpi lenti ma pesanti, sfiorandole le labbra con la punta prima di spingerlo dentro fino a sentirla strozzarsi leggermente. Eva godeva nel lasciarsi usare, guardandolo dal basso con occhi umidi.
Marco la prese per i capelli, guidando il ritmo, fino a quando non le gocciolava sulle labbra e sul mento. Poi la sollevò e la portò al centro del letto, aprendole le gambe. La penetrò di nuovo, questa volta più sporco, alternando spinte veloci a colpi profondi che la facevano urlare. Eva si contorceva sotto di lui, sudata, le mani che graffiavano le lenzuola.
Quando sentì che stava per venire ancora, Marco la fece girare a pancia in giù, le mise un cuscino sotto il bacino e la prese da dietro, afferrandole i fianchi con forza. Il suono del loro sesso che si univa riempiva la stanza insieme ai gemiti sempre più forti. Eva raggiunse l’orgasmo urlando il suo nome, e Marco, ormai fuori controllo, le venne dentro di nuovo, restando affondato finché entrambi non si fermarono, esausti.
Rimasero stesi, i corpi incollati dal sudore, il respiro lento che si sincronizzava. Eva sorrise, accarezzandogli il petto.
«Ora capisco perché ti alleni così tanto…» mormorò, maliziosa.
Marco rise piano. «E non hai ancora visto tutto quello che so fare.»
Fuori, Gallarate dormiva, ignara di quella notte di sesso selvaggio e senza freni, mentr
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